25 novembre giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Una riflessione del giorno dopo

25 novembre giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Una riflessione del giorno dopo

di Sabrina Ghiberti

Forse le nazioni non sono ancora del tutto unite sul fronte della violenza contro le donne.

Se lo sono non è tanto nella vastità, ampiezza e ricchezza di strumenti messi in atto per combattere questa guerra in favore delle donne ma nella similitudine delle cifre che riguardano le vittime, cifre che indicano piuttosto vastità, ampiezza e gravità del fenomeno.

Partiamo da un paese relativamente lontano: l’Egitto.

“Dopo la rivoluzione, gran parte della società egiziana – e in particolare gli islamici – hanno iniziato a scagliarsi contro i diritti delle donne”, afferma Azza Kamel, una nota attivista per i diritti delle donne. “Hanno cominciato a negare i diritti che le donne avevano ottenuto combattendo, e adesso cercano di cambiare la legge sul divorzio e sulla custodia dei figli, fare pressioni per la mutilazione genitale femminile, e di ridurre l’età minima del matrimonio da 18 a nove anni”. (www.ipsnotizie.it)

Kamel ricorda ancora come le donne siano state praticamente escluse dal governo e dai processi decisionali. Oggi come ieri, aggiungiamo noi.

I paesi che hanno vissuto, come l’Egitto, l’ondata della “primavera araba”, si trovano tutti in una situazione di regressione rispetto a quanto era stato detto, sperato e gridato nelle piazze circa i diritti delle donne.

Lontano da questi territori Rebecca Solnit, scrittrice statunitense, denuncia in modo efficace una epidemia, una “malattia culturale”, che può e deve essere curata in quanto causa di disagio profondo, con gravi conseguenze sulla salute, e, anche nei “democratici” Stati Uniti, principale causa di mortalità femminile. (intervento presso il festival di Internazionale a Ferrara il 4 ottobre 2013)

Secondo un’indagine ISTAT in Italia sono 6.743.000 le donne che tra i 16 e i 70 anni hanno subito una violenza sessuale nel corso della loro vita. In questi giorni una campagna di Amnesty international ci ricorda che almeno 100 donne all’anno in Italia muoiono per mano di un uomo, spesso un partner o ex partner. Il 90% delle situazioni di violenza domestica e stupro non vengono denunciate.

Anche senza raffinate letture sociologiche possiamo ritrovare in culture e società tanto diverse la medesima stupidità emotiva, i medesimi fallimenti empatici, che permettono di pensare e mettere in atto l’equivalenza tra donna e merce, donna e oggetto, donna e proprietà. È questo che rende possibile le tante forme di violenza, e che rende questa violenza un fenomeno che ci scuote fino all’indignazione e alla denuncia solo, e non sempre, nei casi più eclatanti, ma che difficilmente viene colto nella quotidianità.

Ma vorrei che questa ricorrenza ci costringesse a pensare se facciamo abbastanza per essere dalla parte di chi combatte questa guerra.

Provo molto onestamente a elencare solo alcune domande che mi viene da farmi come terapeuta, come donna e come mamma:

[list type=”check”]

  • quanto riesco a indignarmi perchè la sessualizzazione delle bambine è sempre più precoce e porta talvolta a esiti drammatici? Quanto intervengo per diffondere la conoscenza che da questo tipo di cultura è importante proteggere i bambini e le bambine?
  • Quanto insegno a mio figlio a mettersi al posto dell’altro/a quando commette una prepotenza? Quanto riesco a trasmettergli che è importante, anche per imparare a difenderci, riconoscere la rabbia, l’impotenza e la sofferenza che ci fanno provare le ingiustizie?
  • Quanto mi impegno perchè la dimensione politica sia qualcosa che mi riguarda e in cui possa sentire rappresentato il fondamentale diritto all’uguaglianza di genere?
  •  Quanto riesco a sostenere le donne che incontro perchè affrontino il trauma della violenza con coraggio riconoscendosi la responsabilità e la dignità di proteggersi e di difendersi dai loro aggressori?

[/list]

Concludo queste brevi riflessioni ricordando che la data di oggi è stata scelta dalle Nazioni Unite perchè il 25 novembre del 1960 tre sorelle Mirabal, attiviste della Repubblica Dominicana, sono state uccise per la loro opposizione al regime del dittatore R L Trujillo, donne che hanno cercato una strada per realizzare una vita più vicina ai loro bisogni, operazione sempre costosa, anche se non sempre ci richiede di diventare eroi… ed eroine!

 

Tags:
,