
06 Dic Aiutare gli autori di reato a superare la negazione
Dal 2004 abbiamo sviluppato esperienze di sostegno e trattamento individuali con gli ex detenuti all’interno del Progetto Logos, promosso dalla Compagnia di S. Paolo per il sostegno e il recupero degli ex detenuti. Abbiamo iniziato a occuparci di interventi di mediazione familiare con gli ex detenuti bisognosi di affrontare problemi e conflitti con il contesto familiare nella difficile fase di reinserimento dopo l’uscita dal carcere.
[expand title=”Leggi tutto”]
Abbiamo sviluppato esperienze di psicoterapie dei sex offenders all’interno del carcere nella Casa Circondariale di Teramo (nel progetto del Centro per l’età evolutiva di Scerne di Pineto (TE) supervisionato dal dott. Foti), un progetto fondato su trattamenti di psicoterapia individuale. Abbiamo avviato, dentro al Progetto Spiragli, esperienze di lavoro di gruppo all’interno del carcere e stiamo portando avanti, dentro al Progetto Logos, psicoterapie con sex offenders all’esterno del carcere con un tentativo di costruire collegamenti tra l’interno e l’esterno del carcere.
Perché ci occupiamo di sex offenders e di autori di reati violenti? E c’è contraddizione tra il lavoro psicologico e psicoterapeutico con i perversi, con i violenti, con i pedofili, con gli abusanti da un lato e il nostro impegno dall’altro per le vittime di abuso sessuale, per le madri delle vittime di abuso? Non c’è contraddizione in realtà perché il nostro atteggiamento emotivo e il nostro intervento pratico risponde sempre alla scelta di stare dalla parte dell’infanzia, dalla parte dei soggetti più deboli, più fragili.
Stiamo dalla parte dei bambini sedotti dai pedofili, imbrogliati e confusi dall’incesto, irretiti dalle sette, vittimizzati dal maltrattamento fisico, dalla parte delle donne stuprate e colpevolizzate, delle persone traumatizzate a seguito di reati violenti e nel contempo stiamo o tentiamo di stare dalla parte dell’infanzia umiliata e dissociata degli autori di reati, dalla parte della loro bisognosità negata che si è trasformata in agito di sopraffazione e di strumentalizzazione, in rovesciamento dell’antica e dell’attuale fragilità in violenza e in perversione.
Non c’è contraddizione perché nella psicoterapia degli autori di violenza lavoriamo per il superamento di una massiccia e coerente negazione della sofferenza che hanno arrecato agli altri e della sofferenza che è stata arrecato a loro stessi.
Alla psicoterapia dei sex offenders siamo arrivati partendo dall’impegno a comprendere l’impotenza e lo strazio delle piccole vittime d’abuso sessuale. Al lavoro di recupero dei detenuti anche quelli che si sono macchiati di gravi violenze siamo arrivati a partire da una comprensione dei danni che produce la violenza sui bambini e più in generale sui deboli.
E ci siamo arrivati attraverso un percorso che ci ha insegnato a riconoscere e rispettare le emozioni delle vittime e della madri della vittime nell’intervento di prevenzione e di cura, ricercando quella prospettiva vitale di consapevolezza e di cambiamento, chiamata intelligenza emotiva. Questa prospettiva si apre quando la mente abbraccia il cuore, quando la mente incontra i sentimenti e quando la ragione dialoga con gli affetti. E dall’intelligenza emotiva possono derivare varie sollecitazioni, teoriche e pratiche, indispensabili a coloro che hanno a cuore le piccole vittime di abuso sessuale e a coloro che hanno a cuore gli stessi autori della violenza. Bisogna infatti avvertire un interesse profondo anche per questi ultimi. Averli a cuore, visto che parliamo di intelligenza emotiva, vuol dire sentire, pensare ed integrare rabbia e pena nei loro confronti. O meglio indignazione e pena.
Pena e tenerezza hanno senso perché si tratta di persone con storie devastanti alle spalle, persone che possono – a certe condizioni e sempre conflittualmente – mettere in discussione il loro diniego e la loro onnipotenza, riattivare una scintilla di fiducia nella relazione interpersonale. Possono in qualche caso contattare e comunicare le proprie componenti infantili, fragili, impotenti sottese alle maschere, minacciose, disgustanti e deformanti, di ricerca del dominio e di sessualizzazione con cui si ricoprono.
L’indignazione è indispensabile per poter fermare i sex offenders, e fermarli è l’avvio della cura, la premessa obbligatoria. L’indignazione è indispensabile per non farsi manipolare dal paziente perverso, per non rischiare mai di dimenticare la pericolosità dei suoi atteggiamenti e dei suoi comportamenti, la sua pervicace tendenza ad usare chiunque, ed in primis il terapeuta stesso.
L’intelligenza emotiva può sostanziare la linea teorica e metodologica che stiamo cercando di elaborare e sulla quale fondare la psicoterapia dei sex offenders: a questo tema abbiamo dedicato una dispensa dal titolo “Psicoterapia dei sex offenders e cura delle emozioni”, a cura di Claudio Foti e Simona Iacoella.
L’intelligenza emotiva è la prospettiva culturale e relazionale che può risultare alternativa alla cultura della perversione, alla cultura del narcisismo e alla cultura della violenza che dilagano nella nostra società. La pedofilia informatica è una delle svariate manifestazioni della cultura emergente della perversione.
Può sembrare un’utopia l’intelligenza emotiva in carcere, ma non è così: questa proposta culturale e mentale può entrare e, pur tra prevedibili resistenze dei detenuti e dell’istituzione, può essere presentata e praticata.
L’intelligenza emotiva può fondare una proposta di formazione sui temi del trattamento sociale, psicologico ed educativo degli autori di reati per favorire un’attivazione cognitiva, ma anche un’attivazione soggettiva ed intersoggettiva, non solo lo sviluppo di competenze tecniche, ma anche lo sviluppo di competenze emotive e relazionali degli operatori, chiamati ad interagire con soggetti violenti o perversi.
[/expand]