AUTISMO E INTELLIGENZA EMOTIVA: QUANDO SCIOGLIERE IL NODO DIVENTA POSSIBILE

AUTISMO E INTELLIGENZA EMOTIVA: QUANDO SCIOGLIERE IL NODO DIVENTA POSSIBILE

Di Denise Picone Chiodo


«Mi chiamo Sofia, ho 6 anni e quest’anno a settembre ho iniziato la prima elementare.
Per molti questa è una cosa bella, non fraintendete lo è anche per me però io a differenza di tanti altri miei coetanei, ho patito un pochino di più questo cambiamento …
io sono tanto abitudinaria mi piace sapere quello che farò, mi piace avere già chiaro prima dove andrò perché mi da sicurezza essere al corrente delle cose che mi aspettano, altrimenti mi agito, ma non so bene per quale motivo…
Scatta qualcosa dentro di me che mi fa sentire strana, non proprio bene e non so cosa sia. Proprio per questo motivo durante l’ultimo anno di scuola materna la mia maestra mi ha portata più volte nella scuola elementare per vedere cosa si fa in questa scuola dei grandi e per conoscere quelle che poi sono diventate le mie nuove maestre. Nonostante mi avessero spiegato che da settembre, ogni mattina, sarei andata in questa nuova scuola e non più in quella solita, ancora oggi che siamo a novembre inoltrato non mi sono ancora completamente abituata, infatti, a pranzo non mangio molto, anzi, il più delle volte non mangio proprio nulla anche se ci sono un sacco di cose che mi piacciono: la pasta con il sugo, i bastoncini di pesce panati e anche la frittata. Ma no, io non riesco proprio a mangiare. Qua è tutto così diverso dalla scuola di prima, maestre nuove, compagni nuovi, grembiule di colore diverso, devo addirittura portare ogni santo giorno uno zaino più grosso di me; per non parlare del fatto che da quando sono qua mi hanno obbligata a fare la pipì nel gabinetto! Era così comodo il pannolino, mi scappava e la facevo. Semplice no? Invece adesso devo tenerla fino a che non mi portano in bagno, a volte però mi scappa prima di arrivarci e la faccio addosso.
Questi cambiamenti mi hanno messa un po’ in difficoltà, però devo essere sincera la maestra è proprio brava con me, ci sono un sacco di bambini che mi aiutano e vogliono stare vicino a me (anche se a volte dentro di me succede quella cosa strana che non riesco a capire e mi viene da stringerli così forte che rischio di fargli male), poi, a differenza della vecchia scuola, posso uscire prima, tutti i giorni mi viene a prendere alle 14.30 una ragazza – che tra l’altro non so chi sia – però la conosco da tanto tempo, credo mi piaccia stare con lei perché quando scendo le scale della scuola e la vedo, mi viene da correrle incontro con le braccia aperte, ma anche qua non capisco proprio cosa succeda dentro di me, qualcosa si smuove e mi fa fare così.

Queste difficoltà che spesso incontro non so bene da dove arrivino, i grandi come mamma, papà e i dottori dicono che sono dovute allo ‘spettro autistico’, ho proprio sentito che dicevano che sono autistica. Non ho idea di cosa sia ‘autistica’ però pare che alcune mie caratteristiche derivino da quello.
Comunque quello che io vorrei è capire cos’è quella cosa strana che succede dentro di me e non mi fa mangiare, mi fa stringere forte le mie braccia al collo degli altri, mi fa correre e saltellare con le braccia aperte verso qualcuno e mi fa anche piangere; si, vorrei proprio capire cos’è che mi fa fare tutte queste cose e perché quando le faccio mi sento così strana..

Ah ho dimenticato di dirvi:   non tutti lo sanno, ma io capisco tutto quello che viene detto anche se non mi va proprio di parlare quindi spesso non rispondo alle domande e non dico cosa voglio…)».

L’autismo è uno dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo ed è caratterizzato da “uno sviluppo notevolmente anomalo o deficitario dell’interazione sociale e della comunicazione e una marcata ristrettezza del repertorio di attività e di interessi. Le persone con autismo presentano una mancanza o difficoltà marcate nella ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obiettivi con altre persone. Inoltre vi è un’incapacità, o grave difficoltà, a sviluppare relazioni con gli altri e di interpretarne i gesti, l’espressione mimica, le posture e le norme (esplicite o implicite) che regolano le interazioni sociali” (Fondazione ARES).

I soggetti con questo disturbo appaiono spesso come “incuranti” delle altre persone poiché presentano difficoltà marcate nel cogliere le emozioni e gli stati d’animo altrui e nel comprendere  i bisogni degli altri. L’incapacità di entrare emotivamente in sintonia con l’altro è dovuta alla principale difficoltà di questi soggetti, che è quella di distinguere e gestire le proprie emozioni, comprendendo il proprio mondo interno.

Per molto tempo i soggetti con disturbi dello spettro autistico sono stati dipinti come individui freddi e asociali. Questa descrizione è nata dal fatto che, come si è detto,  questi soggetti presentano notevoli difficoltà nel riconoscere le proprie emozioni e nel comunicarle. Studi degli ultimi anni, però, hanno smantellato l’associazione “autismo = assenza di emozioni” ed hanno rivelato che i soggetti che rientrano nello spettro preso in esame risultano portatori di un’emotività potenzialmente normale e di grande empatia, risorse che risultano tuttavia bloccate, inaccessibili.

«Sinceramente, anche se il dottore ha fatto questa bella spiegazione, io non sono riuscita a capire cosa succede dentro di me quando provo quelle cose strane, però ha parlato di una realtà che forse potrebbe aiutarmi a chiarirmi un po’ le idee e non solo a me ma anche a mamma, papà, quella ragazza che mi viene a prendere e a chissà quanti altri. Perché, vedete, quando mi succede quella cosa strana dentro, cioè che tutto si aggroviglia per poi scoppiare, io mica sono l’unica a non capire cosa mi succede, anche loro non capiscono quindi per questo motivo il dottore potrebbe spiegare anche a loro come aiutarmi in quei momenti.
Comunque, tornando a noi, il dottore ha parlato di Intelligenza Emotiva che punta a sviluppare la capacità di comprendere, riconoscere le proprie emozioni e metterle in parola. Secondo questo dottore quella cosa strana che sento dentro sono le emozioni, ognuno di noi ne prova tantissime e ogni momento ciò che proviamo cambia, lui dice che la maggior parte delle persone non riesce a distinguere bene quello che prova e non gli sa dare un nome, dentro di me la cosa si fa ancora più caotica; vengo bombardata da una miriade di stimoli e questi mi portano a provare altrettante emozioni che non riesco a distinguere, così si aggrovigliano tutte quante, come se ci fosse un gomitolo di lana e venisse srotolato e buttato dentro una scatola senza fare attenzione a non farlo annodare. Ecco, io ho dentro di me un gomitolo di emozioni completamente aggrovigliato quindi ogni volta che provo un’emozione questo caos di emotività che ho dentro scoppia perché non riesco a capire bene l’emozione che sto provando, pensate che non saprei nemmeno dare il nome giusto a quello che sento!
Ci vorrebbe proprio qualcuno che mi aiutasse con queste benedette emozioni, ma soprattutto qualcuno che riuscisse a sciogliere il gomitolo in modo che un po’ alla volta io possa imparare a capire quello che provo, a capire le mie emozioni e a comunicarle agli altri.
Ora torno in classe a fare i compiti che la maestra mi ha preparato, perché anche se non parlo molto e non capisco queste benedette emozioni io ho imparato a leggere e contare prima ancora dei miei compagni di classe e mi piace anche farlo, almeno credo, visto che quando vedo tutte quelle scritte qualcosa dentro di me si aggroviglia e mi fa venire da ridere fortissimo».

Questa è la storia di Sofia che man mano che cresce si trova ad affrontare stimoli e situazioni sempre più grandi e complicate senza avere gli strumenti necessari. Questo deficit caratterizza la maggior parte degli individui che vivono nella società odierna e l’autismo di Sofia “semplicemente” complica l’intera problematica che in realtà coinvolge tutti, infatti, “fino a qualche decennio fa le emozioni erano diffusamente considerate nella nostra cultura fattore di disturbo rispetto alle operazioni razionali o materiale di scarto non meritevole di riflessione e di attenzione scientifica” (Bolognini N., 2005, 7). Questo ha portato gli individui a non saper comprendere le proprie emozioni, generando così problematiche a livello di autocontrollo, gestione della collera e di empatia, da questo “nasce l’esigenza di insegnare (…) l’alfabeto emozionale quale insieme di capacità interpersonali ed intrapersonali essenziali alla (…) vita” (ivi, 8).

L’autoconsapevolezza è una delle 5 capacità fondamentali su cui si basa l’intelligenza emotiva, “l’ascolto delle nostre emozioni – infatti – è l’accesso alla conoscenza di noi stessi, alla comprensione dei nostri comportamenti e del modo di interagire con gli altri, Tanto più saremo in grado di mettere in parola le nostre emozioni, più saremo capaci di riconoscerle e dominarle e tanto più abili saremo nel leggere quelle altrui” (ivi, 11).

Ecco che l’alfabetizzazione emotiva risulta essere un processo, un percorso assolutamente necessario nella vita di un individuo. Anche e soprattutto per bambine come Sofia.

BIBLIOGRAFIA

http://www.fondazioneares.com/index.php?id=404

Dispensa del Centro Studi Hansel e Gretel, La mente abbraccia il cuore. Intelligenza emotiva per i bambini della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, 2005. Pinerolo: Sie Editore.

Foti, La mente abbraccia il cuore. Ascoltare le emozioni per aiutare ed aiutarsi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2012

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