Autobiografia ed intelligenza emotiva : al master con Roberto Bianco e Anna Maltese

Autobiografia ed intelligenza emotiva : al master con Roberto Bianco e Anna Maltese

Roberto Bianco e Anna Maltese terranno oggi una lezione agli allievi del Master Gestione e sviluppo dell’intelligenza emotiva  sul tema  Autobiografia e dispositivi autobiografici” Qui seguito uno stralcio di un articolo tratto da “L’autobiografia come crescita cognitiva ed emotiva dell’operatore nella relazione di aiuto” di Roberto Bianco, Anna Maltese, tratto dalla dispensa Autobiografia ed intelligenza emotiva, edita nel 2012 da Sie (richiedibile al Centro Studi Hansel e Gretel).

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Autobiografia e dispositivi autobiografici

 

L’autobiografia intesa come “scrittura di sé” può apparire una attività di facile accesso e per certi versi lo è, perché si avvale di strumenti che possediamo realmente ovvero la memoria e la scrittura, ma se intendiamo l’autobiografia come percorso formativo e/o come strumento di lavoro, di crescita, di cura di sé andiamo un po’ oltre la superficie e scopriamo che è uno strumento metodologico di grande spessore che chiama in causa, oltre alla memoria e alla scrittura, anche altre facoltà cognitive:

    • l’introspezione e l’incontro con la molteplicità dell’io,

    • la narrazione come particolare forma di pensiero strutturante e rischiarante,

    • il pensiero associativo,

    • la riflessione (analisi critica)

    • l’esercizio della creatività.

Risultato del lavoro autobiografico non è solo una storia di vita, in quanto cronaca di cose accadute, ma una rivisitazione della nostra esistenza che ci consente di scoprire nuovi significati ed eventualmente di riprogrammare il futuro.

Si parla di autobiografie e non di autobiografia in quanto è indispensabile, per accedere ad una sintesi finale significativa, compiere un lungo e complesso lavoro propedeutico basato su stimoli che indirizzino la memoria, la ricognizione e la conseguente scrittura verso temi, ambiti, direzioni analitiche scelte tra le infinite possibilità esistenti in tal senso.

Il lavoro propedeutico può portare alla scelta della scrittura di una autobiografia incentrata su una delle apicalità dell’esistenza (vita affettiva, lavoro, esperienze ludiche, storia delle perdite, delle mancanze dei lutti, dei dolori significativi); quando tale lavoro propedeutico viene svolto in gruppo, grazie alla reciprocità dell’ascolto, serve a comprendere la complessità e la ricchezza del compito autobiografico e ad intravederne gli obiettivi di conoscenza di sé (esercizio di consapevolezza), di risignificazione (rielaborazione maturativa), di accettazione della molteplicità che ha costruito il nostro essere qui e ora (i molti io che siamo stati e che siamo) e di rigenerazione del progetto di sé.

Esercitare la scrittura autobiografica in gruppo significa lavorare sui nostri strumenti e processi cognitivi e sulla gestione delle nostre emozioni

Sul piano cognitivo e sul piano emotivo il lavoro autobiografico in gruppo è una costruzione di sapere, che è sapere centrato sulla conoscenza della propria mente. Si ottiene attraverso le tre fasi in cui si è soliti dividere l’attività autobiografica:

    • un fase di ricognizione in cui si punta soprattutto ad incentivare il ricordo e i ricordi

    • una fase di costruzione e di co-costruzione di qualcosa insieme al gruppo

    • una fase di riflessione con un riesame dei documenti prodotti.

2.1 ricognizione (memoria, narrazione)

L’attività ricognitiva consiste in un percorso mnestico e in una operazione narrativa che mette in correlazione il processo mentale da cui origina il racconto dei singoli episodi con il processo mentale che produce generalizzazioni.

La ricognizione consente il recupero dei ricordi, ma per attuare tale recupero si utilizzano anche dei dispositivi che facilitino il riaffiorare del ricordo.

2.2 dispositivi

Moltissimi episodi sono annidati nella nostra mente, ma per affiorare necessitano di stimoli i quali potranno essere di natura e di intensità variabile a seconda dell’obiettivo che ci proponiamo.

Facciamo l’esempio di un dispositivo molto semplice “la mia vita in 5 minuti”

Si richiede di prendere un foglio e una penna, di scrivere, senza pensarci troppo, di lasciare che la penna scorra sul foglio, così come viene, raccontando ciò che si vuole. Si chiede poi a qualcuno di leggere quello che ha scritto, e si conclude con un giro di espressione delle emozioni provate.

Un simile dispositivo pone un limite alla narrazione, quello del tempo a disposizione e ciò fa sì che essa si strutturi frequentemente lungo una serie di eventi marcatori che hanno a che fare con le apicalità della vita, con gli eventi significativi.

Vengono prodotte storie ricche di colpi di scena o di contrasti, storie che scaturiscono dal contatto con la gioia, ma anche con il dolore, e con la commozione o l’esitazione di fronte al richiamare questo dolore; comunque con elementi preziosi che comunicano autenticità .

La narrazione anche se contenuta in un arco temporale così esiguo assumerà una forma, attiverà una qualche modalità di organizzazione del materiale e dei contenuti.

Utilizzando un dispositivo ancora più specifico, come per esempio “ Sensi – La memoria del corpo ha costruito pensieri e parole” (in “ Il gioco della vita“ di Duccio Demetrio, pag. 25) in cui si chiede ai membri del gruppo di provare a rievocare liberamente quanto visto, toccato, udito, assaggiato, annusato in periodi diversi della vita, si avrà un vincolo di contenuto anziché di tempo e si favorirà l’evocazione. L’emergere dei ricordi riguarderà un aspetto molto specifico della vita e della storia del narrante, sarà limitato dal punto di vista delle apicalità, ma probabilmente scaturiranno dall’ombra in cui sono confinati un numero infinito di ricordi preziosi che contribuiranno alla ricostruzione e alla risignificazione del percorso di vita.

Ancora diverso può essere lo stimolo offerto da un dispositivo del tipo “Tutte le mie prime volte…” che favorirà l’attivazione di una ricerca selettiva con risultati imprevedibili.

Il dispositivo è dunque uno strumento per attivare la memoria e offrire delle possibilità di ricordo, tuttavia esso stabilisce un vincolo e definisce i limiti del possibile, ci costringe a definirci in rapporto al vincolo stesso. Dal punto di vista emotivo, avere un compito ben preciso può significare l’individuazione di un contesto relativamente protetto e sicuro, come può produrre opposizione a qualcosa che rimanda ad un principio di autorità. In un contesto di lavoro autobiografico di gruppo, ciò che si propone è in genere un dinamismo produttivo che non cede allo spontaneismo, ma non si irrigidisce in prescrizioni troppo vincolanti.

Si utilizzano dispositivi ricognitivi di vario tipo:

  • strumenti di lavoro individuale come per esempio diari e produzione di testi,

  • strumenti di lavoro faccia a faccia come le interviste e i questionari,

  • strumenti di lavoro collettivo come le autopresentazioni e i giochi di interazione a contenuto biografico.

In generale i vincoli proposti nei dispositivi possono essere di contenuto, di forma, di ascolto o di contesto.

Per consentire una maggiore strutturazione della fase ricognitiva è possibile combinare in sequenza alcuni dispositivi di ampio respiro.

Un classico esempio di questo tipo di sequenza che punta a costruire una sorta di architettura della vita potrebbe essere il seguente:

Incipit (la mia vita ha inizio, dispongo di ) che potrà essere sviluppato scrivendo di ricordi di cose (oggetti, volti, rumori,…), di figure che sono state d’aiuto, di antefatti, fatti, o partendo da considerazioni e riflessioni di apertura, vere e proprie premesse generali.

Ruit (la mia vita ha avuto un corso e corre attraversando ..) che potrà comprendere la narrazione dell’educazione ricevuta, la descrizione della famiglia e degli ambienti di vita, degli amici, il racconto delle crisi, delle scoperte, degli incontri significativi, delle passioni.

Exit (la storia della mia vita si conclude a questo punto, almeno per ora ): che potrà enumerare i risultati raggiunti o non conseguiti, le capacità accertate , gli scopi ulteriori, i programmi.

Altro esempio di combinazione di dispositivi in sequenza può essere il seguente:

Si chiede di dividere un foglio in 3 parti e di scrivere nella prima parte “io ero”, nella seconda “io sono” nella terza “io sarò”. Il tempo a disposizione per eseguire la consegna sarà di 5 minuti.

Con questo dispositivo è molto più probabile che vengano sollecitati stili cognitivi diversi rispetto a quelli sollecitati dal dispositivo precedente. Per esempio accade frequentemente che vengano utilizzate delle metafore.

La mente può operare attraverso dei modi e stili diversi, quali quelli individuati da Formenti1 e qui di seguito riportati:

    • NARRAZIONE quando costruisce storie,

    • ORGANIZZAZIONE coordina e connette ricordi, fatti, concetti; genera strutture, forme,

    • METAFORE costruisce analogie,

    • DRAMMATIZZAZIONE privilegia i contrasti, le messe in scena,

    • INFERENZE opera per salti, dissociazioni, scoperte,

    • DESCRIZIONE assegna nomi e qualità agli oggetti.

Riepilogando: ogni dispositivo è un vincolo, ma anche una opportunità perché sollecita:

  • la memoria nelle forme di memoria episodica o semantica

  • uno stile cognitivo piuttosto che un altro

  • una qualche emozione

  • un elemento di autenticità.

1 L. Formenti “La formazione autobiografica” Guerini Scientifica, Milano 2007