AUTOBIOGRAFIA ED INTELLIGENZA EMOTIVA: SCRIVERE UN’EMOZIONE di Elena Comandé

AUTOBIOGRAFIA ED INTELLIGENZA EMOTIVA: SCRIVERE UN’EMOZIONE di Elena Comandé

Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una, e la guardo, fino a quando non comincia a splendere”. (E. Dikinson).

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Questa citazione può descrivere al meglio la funzione della parola, quel potentissimo strumento che tutti abbiamo a disposizione ma di cui, molto spesso, non consideriamo o minimizziamo il valore. La parola. può essere utilizzata principalmente in due forme, quella orale e quella scritta. L’intenzione di queste righe è quella di evidenziare un punto centrale: la parola può certamente essere utilizzata per comunicare con gli altri, ma anche con noi stessi. Mentre la prima opzione è ben conosciuta da tutti, la seconda si configura come un’ipotesi su cui spesso siamo portati a riflettere nel quotidiano delle nostre vite frenetiche, in cui ci si affanna a farsi capire ma non a capire se stessi.

La funzione principale della parola, quindi, è sicuramente quella di comunicare qualcosa al mondo che ci sta intorno. I genitori insegnano ai loro figli a parlare fin da piccoli, ad esprimersi al meglio per poter comunicare con il mondo circostante. La scuola ci insegna a migliorare il nostro modo di esprimerci: impariamo ad utilizzare i giusti tempi verbali e a comporre frasi di senso compiuto, fluide e ben strutturate. Parallelamente, la scuola si occupa di insegnarci a scrivere; si parte dalle basi con l’alfabeto, si passa dai compiti scritti ai temi in classe, finché arriverà, per alcuni, il momento di scrivere un tesi di laurea o un articolo scientifico.

Sarebbe utile, a questo punto, porre una questione. Dal momento che la parola è un mezzo che tutti abbiamo a disposizione, possiamo utilizzarla per comunicare anche con noi stessi? Può sembrare un paradosso, qualcuno potrebbe avere dubbi sulla necessità o l’utilità di parlare con sé stesso o a se stesso. A mio avviso, è necessario riflettere sul fatto che il valore della scrittura non consista soltanto nel comunicare qualcosa agli altri: scrivere è raccontare, ma anche raccontarsi. Proviamo a mettere nero su bianco un’emozione. Si tratta di un esercizio tutt’altro che semplice, molto spesso non sappiamo da dove iniziare. È difficile mettere in parola qualcosa che sentiamo dentro, analizzarlo e permettergli di diventare parola scritta. La potenza di quest’atto consiste nell’elaborare ciò che si sente, a renderlo vero e presente ai nostri occhi, oltre che al nostro corpo. Possiamo pensare che, in un certo senso, possa trattarsi di un modo per mettere ordine in noi stessi a piccoli passi: sentire l’emozione, analizzarla nelle sue sfumature, trovare le parole per descriverla e, finalmente, scriverla su un foglio bianco. Sicuramente, alla base di questo processo è necessario un atto di coraggio; non siamo sempre disposti a pensare a come ci sentiamo veramente, a che cosa stiamo provando e perché e a come possiamo esprimere tutto questo con le parole. Così, raccontarci può diventare un modo per penderci cura della nostra persona, di capire che cosa sente.

Se proveremo a fare questo esercizio, ci accorgeremo che il momento della rilettura sarà di particolare intensità. In quel momento non stiamo leggendo un testo qualsiasi, non si tratta di parole scritte su un foglio: siamo noi stessi. Le nostre emozioni, le nostre sensazioni sono diventate parole. È come se quel foglio bianco si fosse riempito di noi.

È in quel momento, credo, che le parole cominciano a splendere: nel momento in cui rappresentano autenticamente noi stessi.