Bambini iperattivi. E se invece che i figli si aiutassero i genitori?

Bambini iperattivi. E se invece che i figli si aiutassero i genitori?

 

La sindrome ADHD ( Attention Deficit Hyperactivity Disorder) colpisce dall’1 al 3 per cento dei bambini con una prevalente concentrazione nelle società industrializzate; negli USA sono addirittura 8,4 per cento, in nove casi su dieci trattati con psicofarmaci.

A provocare la sindrome è una complessa serie di fattori sia genetici che ambientali su cui ancora c’è da fare chiarezza. Uno studio australiano stabilisce una correlazione tra la dieta dei fast food scarsa di acidi grassi omega 3 vitali per le funzioni del cervello e l’iperattività; il dato più allarmante è che negli USA l’87% dei casi viene trattato con psicofarmaci, e con esso il problema delle “diagnosi facili” che servono solo a gonfiare le casse delle industrie farmaceutiche.

Questo fenomeno sta prendendo piede anche in Europa: dopo il metilfenidato cloridrato e l’atomoxetina , principi attivi dei farmaci Ritalin e Strattera disponibili dal 2007, una nuova molecola, la guanfacina già usata negli stati uniti, è stata affidata nel 2011 a nove istituti scientifici per la sperimentazione in Italia, ed entro il 2015 potrebbe arrivare sui nostri scaffali.

L’istituto superiore di sanità ricorda quanto siano gravi gli effetti degli psicofarmaci sui bambini, da quelli cardiovascolari alla maturazione sessuale e fisica, fino ai ricorrenti pensieri suicidari.

Intanto è bene ricordare che la diagnosi di iperattività non arriva da test certi e inequivocabili come esami del sangue o risonanze magnetiche, ed ha senso solo quando c’è una reale incapacità del bambino a stare concentrato su un attività, a rispettare le regole di comportamento nel gruppo o nel gioco, quando sembra non ascoltare quando ci si rivolge a lui, ed è importante non confondere tutto questo con la fisiologica vivacità dei bambini.

In secondo luogo occorre ricordare che il problema qualora realmente dovesse sussistere, può essere affrontato attraverso un trattamento psicoterapeutico. L’iperattività è caratterizzata da deconcentrazione, litigiosità e discontinuità nel concludere ciò che si inizia, esplode con l’ingresso a scuola solitamente quando il bambino non è più al centro dell’attenzione e deve confrontarsi con gli altri ed i propri oneri. La tendenza all’esplorazione che ha il suo esordio quando il bambino comincia a camminare, sfocia in iperattività quando il bambino è così dinamico che non riesce neanche a giocare, per giocare occorre infatti fermare il movimento del corpo; l’iperattivo non riesce a pacificarsi col gioco né usarlo come sostituto temporaneo della madre. E’ un disturbo del tutto in linea con la società dei consumi che, invece di regolare le pulsioni dell’individuo, le incoraggia e propugna come modelli di sfrenatezza e narcisismo.

La diagnosi migliore la fa il bambino stesso quando dice “non riesco a fermarmi”, accorgendosi di un’energia che non sa dominare; il secondo indizio è quando non riesce a fermarsi nemmeno di fronte alla ferma richiesta del genitore e aggiunge “io sono così” ossia quando si identifica con essa.

I bambini iperattivi hanno delle famiglie in cui c’è un forte attaccamento della madre al figlio, senza che la figura paterna riesca a mediare; la guarigione attiene alla possibilità di emancipazione del figlio, un distacco che temono, arrivando ad abbandonare la terapia quando, funzionando, lavora in tal senso. Funzionano molto i gruppi tra genitori dove questi ultimi hanno la possibilità di confrontarsi non solo rispetto ai figli, ma anche rispetto alla loro vita: così capiscono che l’iperattività non è un banale deficit cognitivo o comportamentale ma qualcosa di più delicato che riguarda la famiglia. Quindi da una parte c’è il lavoro con le famiglie, dall’altra quello sul bambino, volto a sviluppare, attraverso l’ascolto ed il gioco, la capacità di dire cosa non và; familiarizzando con le proprie emozioni, anche quelle meno evidenti o quelle negative, il bambino si libera dalla smania di muoversi perché la pulsione al movimento si diluisce e prende le vie della parola. Nella terapia si smonta l’identificazione con l’iperattività a mano a mano che si scoprono altri ambiti di competenza primo fra tutti l’area emotiva e la possibilità di viverle, usarle, dopo averle riconosciute. Il lavoro psicoterapeutico s’ intreccia, anche in questo caso, con quello sulla consapevolezza e sull’intelligenza emotiva.