BEN RADICATI E STABILI COME UN ALBERO

BEN RADICATI E STABILI COME UN ALBERO

 

La stabilità è una qualità mentale benefica e straordinariamente utile, indispensabile per il benessere.  Una metafora evocativa della stabilità è rappresentata da un albero ben piantato con le sue radici nella terra. Abbiamo bisogno di stabilità per mantenere un buon rapporto con noi stessi, con i nostri bisogni emotivi e per evitare di farci trascinare vuoi dagli impulsi interni, vuoi dalle sollecitazioni  che possono travolgerci ed impedirci di compiere le scelte più sane e più responsabili, più vantaggiose per noi e per le persone a cui vogliamo bene.

Una modalità fondamentale per favorire la stabilità è allenare la mente attraverso la meditazione a stare a contatto con il momento presente, portando l’attenzione alle sensazioni fisiche che si sperimentano nel qui ed ora. Un corpo ben seduto o ben appoggiato al  pavimento ed un’attenzione capace di soffermarsi sui punti di contatto del corpo con i supporti che lo sostengono (sedia, cuscino o pavimento) consentono al soggetto di percepire una stabilità fisica e nel contempo una stabilità mentale.

Le attività meditative mirano a favorire attraverso l’allenamento una stabilità mentale sin dall’assunzione di una postura stabile e comoda da apprendere gradualmente, con determinazione e continuità ma senza atteggiamento di pretesa e giudizio verso se stessi. Una postura stabile e capace di esprimere un senso di dignità di chi l’assume diventa un atteggiamento fisico e mentale funzionale a generare calma e attraverso la calma l’attivazione delle funzioni psichiche dell’attenzione, della consapevolezza, della compassione.

La stabilità presenta almeno tre aspetti: innanzitutto è stabilità delle emozioni. Pensiamo agli sbalzi d’umore, all’ondeggiare degli stati d’animo  al fatto che siamo calmi e poi improvvisamente esplodiamo come vulcani, pensiamo all’esperienza nella quale che non riusciamo a mantenere se non per un tempo assai limitato un umore positivo, un entusiasmo.  La difficoltà a mantenere nel tempo la soddisfazione per un risultato raggiunto o per una situazione piacevole ottenuta è stata studiata e dimostrata scientificamente: esiste un’assuefazione edonica che fa sì che la nostra gioia per un evento positivo tenda a scemare in fretta, ad essere tutt’altro che stabile.

In secondo luogo possiamo parlare di  una stabilità nel rapporto con noi stessi.  L’oscillazione tra stati di autosvalutazione e di depressione e stati ipomaniacali di sopravvalutazione  di noi stessi rappresenta un esempio di mancanza di stabilità dell’atteggiamento verso noi stessi.  Non possiamo aspirare ad alcuna stabilità se non c’è una qualche stabilità nella rappresentazione del Sé. Se qualcosa di ostile alla nostra autostima si insinua nella nostra mente, se un qualche pensiero attinente un pericolo, esterno o interno,   compare dentro di noi, ecco che si attiva il sistema di regolazione della minaccia e vengono  meno la calma e la stabilità e  viene impedita la possibilità di sviluppare l’attenzione, la consapevolezza e la compassione.

In terzo luogo, stabilità è anche stabilità dai condizionamenti esterni. C’è una massima buddista che recita: “Quando la mente è agitata lo è indipendentemente dalle condizioni esterne. Quando la mente è calma lo è indipendentemente dalle condizioni esterne”. Noi, al contrario, siamo abituati a pensare e a dire: “Sono nervoso a causa di un evento esterno”… “Sono agitato perché è successo questo fatto”. Ragionando così, certamente evidenziamo  qualcosa di reale: ci può essere un rapporto tra una situazione esterna la nostra agitazione, ma tendiamo a  sottovalutare la responsabilità delle nostre reazioni soggettive, la nostra incapacità di mantenere la consapevolezza  e l’attenzione  a quel che succede nel nostro mondo interno, il nostro disimpegno nel coltivare la stabilità, nell’imparare a ridurre la reattività eccessiva e controproducente agli stimoli esterni.

Qualsiasi cosa succeda, tendiamo ad essere immediatamente ed irriflessivamente reattivi Un principio fondamentale da ricordare – e come ogni principio non va assolutizzato –  è che l’agitazione non è solo frutto di un evento esterno, ma di una scarsa capacità di consapevolezza, di padronanza e di stabilità della nostra mente. Ora,  noi possiamo migliorare la nostra stabilità ed imparare a reagire in modo diverso ad uno stesso stimolo, a non ridurre la nostra soggettività alla dimensione dello “stimolo-risposta”. Questa è stabilità.

La calma non è una manna che cade dal cielo: prima di essere il risultato di situazioni esterne, è il risultato del nostro impegno mentale e del nostro cammino di trasformazione.

Quindi stabilità delle emozioni, stabilità della rappresentazione di sé, stabilità dai condizionamenti esterni.

C’è un’immagine molto bella della stabilità, di Tsongkhapa, un saggio buddista del XV secolo: “Se, per esaminare un arazzo in una stanza buia, vi servite di una lampada dalla luce brillante e stabile le immagini vi appariranno vivide. Ma se la luce è fioca, oppure, pur essendo brillante, oscilla a causa del vento, la vostra osservazione sarà imprecisa.” Analogamente, per sondare la vera natura di qualsiasi fenomeno, ci vuole un’intelligenza penetrante, una luce brillante, la consapevolezza che vede la comprensione profonda, ma nel contempo questa intelligenza penetrante, questa consapevolezza profonda dev’essere sostenuta da una attenzione che non oscilla, da una lampada che sia sufficientemente ferma, che sia stabile e intenzionale, occorre coltivare l’intenzione di mantenere la stabilità e allenarsi piano piano a realizzarla.

E Corrado Pensa scrive : “Più siamo distratti, più siamo agitati, più siamo un tappo di sughero sull’onda del mare, qualsiasi cosa succeda aumenta la tensione e anche i piaceri non saranno stabili. Fintanto che la mente è incline all’eccitazione, alla turbolenza e alla distrazione, resta fuori controllo. Nella misura in cui l’attenzione è fuori controllo la mente sarà vulnerabile alle afflizioni mentali quali la rabbia, la bramosia,  l’invidia, e a migliaia di altre tendenze mentali che possono sconvolgerne l’equilibrio, con il risultato di una gran sofferenza superflua. Quando la mente è distratta il “sistema immunitario psicologico” è disfunzionale: questo ci rende vulnerabili alle fonti interiori di infelicità.”