05 Lug CAMBIARE PROSPETTIVA: USCIRE DALL’ADULTOCENTRISMO! di Silvia Cocco
«Gli adulti non capiscono mai niente da soli ed è una noia che i bambini siano sempre eternamente costretti a spiegar loro le cose». La frase viene pronunciata nel racconto “Il Piccolo Principe” dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry. Il protagonista è proprio un bambino, il piccolo principe ed in tutta l’opera traspare la visione di un piccolo fanciullo che osserva il mondo attraverso il suo sguardo puro, innocente, caratterizzato dalla voglia di farsi stupire e di comprendere le cose. L’aspetto più difficile per il piccolo principe, nel suo viaggio alla scoperta di altri pianeti oltre il suo, è proprio il riuscire a comprendere gli adulti, i “grandi”, riuscire a trovare un significato a tutti i loro gesti che agli occhi del piccolo principe appaiono come bizzarri. L’opera di Saint-Exupéry è un’opera senza tempo in grado di mostrare in qualunque periodo storico la semplicità che traspare dallo sguardo di un bambino che troppo spesso ci dimentichiamo di possedere o di aver posseduto. Ogni volta che l’opera viene letta è come se un nuovo stupore si prestasse a comparire negli adulti, come se scoprissero per la prima volta quanto non sia necessario soffermarsi in un’ottica puramente “da grandi” nell’affrontare i problemi e le questioni della vita.
Nella nostra società prevale un atteggiamento adultocentrico, ossia un atteggiamento che assolutizza ed irrigidisce il punto di vista dell’adulto, un “atteggiamento ideologico ed emotivo – scrive Claudio Foti – che garantisce e perpetua il mondo come dominato dagli adulti e da una rigida logica adulta”. Nel testo “L’adultocentrismo: il mondo dominato dagli adulti, Sie edizioni, 2004 Claudio Foti ha sviluppato l’analisi dell’adultocentrismo e la critica dell’adultocentrismo, inteso sia come atteggiamento dell’adulto verso se stesso, verso il mondo della propria infanzia e verso l’infanzia reale, sia come prassi sociale, posizione che privilegia i bisogni e gli interessi degli adulti a scapito dell’attenzione ai bisogni e agli interessi dell’adulto.
In effetti i bambini vengono spesso ascoltati secondo un’ottica puramente adultocentrica: invece di porsi al livello del bambino e di comprendere le sue esigenze, l’adulto tende sì ad avvicinarsi al bambino, ma senza veramente sintonizzarsi con l’originalità dello sguardo infantile. Il piccolo principe nel suo viaggio comprende questo atteggiamento e lo esprime con parole chiare e pure: «I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: “Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?” Ma vi domandano: “Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?” Allora soltanto credono di conoscerlo. »
L’atteggiamento adultocentrico porta i bambini a non poter esprimere a pieno i propri vissuti, le proprie emozioni, le proprie preoccupazioni, poiché percepiscono che nessun adulto potrebbe comprendere fino in fondo. Così con il passare del tempo i bambini che diverranno nuovi adulti, rischiano di abbandonare il loro atteggiamento che li tiene tendenzialmente a contatto con le loro emozioni per adottare un atteggiamento basato su una logica razionalistica che si scinde dai bisogni emotivi.
Tutti gli adulti che il piccolo principe incontra sono adulti che rimarcano un comportamento che si focalizza sempre e solo su una visione autocentrata, sui propri bisogni, senza considerare la realtà per succede ad alcuni personaggi che incontra: il re che vuole solo comandare anche senza sudditi per il proprio piacere personale di avere potere o il vanitoso che ha bisogno di applausi per poter essere ammirato.
Claudio Foti sottolinea come l’adultocentrismo presenti un’assonanza con l’egocentrismo: «L’atteggiamento egocentrico del soggetto alla ricerca avida di gratificazioni immediate per sé, insensibile agli interessi delle persone che gli stanno a fianco rinvia ad una debolezza del Sé». Questo fa comprendere come l’adultocentrismo escluda l’empatia, l’ascolto e il rispetto delle emozioni del bambino: l’adulto non riesce a rapportarsi all’alterità.
Vi è poi un solo personaggio che il piccolo principe incontra che sembra essere diverso dal mondo degli adulti. Si tratta del lampionaio che deve accendere il lampione del suo pianeta.
«Quest’uomo, si disse il piccolo principe, quest’uomo sarebbe disprezzato da tutti, dal re, dal vanitoso, dall’ubriacone, dall’uomo d’affari. Tuttavia è il solo che non mi sembri ridicolo. Forse perché si occupa di altro che non di se stesso».
Bisognerebbe adottare proprio questo atteggiamento per evitare l’adultocentrismo: essere in grado di occuparsi del bambino, del bambino interiore e nel contempo del bambino in carne ed ossa. Bisognerebbe andare al di là del proprio naso, essere in grado di occuparsi di qualcun altro, essere in grado di adottare il punto di vista del bambino, ponendolo sempre al centro di tutto ciò che lo riguarda: emozioni, avvenimenti piacevoli o spiacevoli, esperienze, nuove scoperte. Il bambino è un essere che al tempo stesso può essere fragile e forte, ma gli adulti in ogni caso hanno un compito ben preciso da assolvere: proteggere il bambino in ogni modo possibile. Proteggendo il bambino, adottando il suo punto di vista possiamo tornare in qualche modo in contatto con il nostro bambino interiore, quel bambino che siamo stati e di cui molte volte dimentichiamo l’esistenza.
Secondo Antoine Saint-Exupéry “Il piccolo principe” è un libro per bambini scritto per gli adulti, dal momento che: «Tutti i grandi sono stati piccoli, ma pochi di essi se ne ricordano».