CHILDREN FREE di Sarah Testa

CHILDREN FREE di Sarah Testa

 

boy-160168_640dentro

Qualche settimana fa, scorrendo il mio wall di facebook, sono incappata in un articolo condiviso da un amico che recitava più o meno così: “nascono gli hotel per vacanze children free” . A seguire una valanga di commenti in cui tutti gioivano per la possibilità di non avere marmocchi urlanti e rompiscatole durante le proprie vacanze. Lì per lì non mi ha fatto un grande effetto, mi è sembrata una trovata di marketing, niente più, niente meno come i prodotti gluten free, quelli vegan, quelli per intolleranti al lattosio, che oltretutto acquisto anch’io in grande misura. Qualche giorno dopo questa scoperta, per una breve vacanza con amici, ero in Sardegna, adagiata su una barchetta, con il sole che mi scaldava le ossa, per visitare il golfo di Orosei. Meraviglioso. Un’amica ed io, sedevamo sul tettuccio della piccola imbarcazione. Ad un tratto la poltroncina vicino a noi viene occupata da un uomo sulla quarantina e dal figlio, (poteva avere 5/6 anni) che per tutto il tragitto hanno cantato a squarciagola come aquile. Ecco che allora ho ripensato a quel “children free” con gran desiderio. Mi son molto spaventata di questo pensiero: io, psicologa dell’età evolutiva, che mi concedevo una simile speranza! Orribile! Poi, lasciando perdere i sensi di colpa, con le orecchie sanguinanti, ho aperto in me una riflessione, a cui tutt’ora non ho trovato risposta, ma che condivido: in che direzione sta andando la nostra società? Perché non posso sopportare l’esuberanza di un bambino che canta? Che cos’è che non posso tollerare di quel canto? E ancora, perché un padre non riesce a modulare la voce e monopolizza tutto lo spazio di un traghetto per sé e per il proprio bambino?