04 Mag Cos’è lo stress e come affrontarlo
La parola “stress” è particolarmente utilizzata al punto tale che il suo vero significato tende ad oscurarsi. Quando un termine viene sovrautilizzato, si perde la sua forza semantica, la sua determinazione espressiva.
Nel libro “Le emozioni che fanno guarire” Daniel Goleman afferma: “In termini tecnici, per “reazione da stress” s’intende la risposta mentale e fisica a una situazione avversa che predispone le risorse d’emergenza del corpo, il meccanismo di “lotta o fuga”, ovvero il rilascio di un’enorme quantità di ormoni che ci permettono di fronteggiare il pericolo. Sfortunatamente, la vita moderna attiva una risposta di questo tipo quando non possiamo né scappare né lottare. Questo determina un cronico aumento della pressione arteriosa, della tensione muscolare, dell’irritabilità, dell’ansia e della depressione, oltre a un abbassamento dell’efficienza del sistema immunitario.”
I soggetti che hanno patito situazioni traumatiche e che successivamente non hanno potuto trovare un adeguato sostegno nell’ambiente e non hanno potuto condividere ed elaborare l’evento traumatico, patiscono nel tempo le conseguenze del forte stress sperimentato e non “smaltito”. Il soggetto ha vissuto nel corso del trauma una sovraattivazione delle risposte emotive di paura, rabbia, tensione ecc… che l’organismo ha fisiologicamente prodotto nel corso della situazione traumatica per far fronte al pericolo, ma queste risorse emotive con la connessa iperattivazione fisiologica dell’organismo non hanno potuto essere utilizzate per la finalità difensiva, per la quale sono state generate, in quanto il soggetto si è trovato di fronte ad una situazione schiacciante di forza maggiore che non gli ha consentito né di lottare né di fuggire. Di fronte ad una macchina che ti viene addosso, di fronte ad un rapinatore che ti punta una pistola, di fronte ad un genitore che ti picchia selvaggiamente, di fronte ad un violentatore che ti abusa c’è poco da lottare e c’è poco da fuggire!
I soggetti con la sindrome post-traumatica da stress manifestano un’eccessiva risposta allo stress che determina un’intensa eccitazione del sistema nervoso autonomo in risposta ad eventi e stimoli ordinari, che di per sé potrebbero non risultare particolarmente pericolosi o frustranti se non ricordassero o evocassero per qualche aspetto le esperienze traumatiche.
Ora, la psicologia del soggetto traumatizzato può fornire indicazioni per il funzionamento psicologico di qualsiasi soggetto, perché il percorso evolutivo dell’essere umano, procede normalmente attraverso scossoni, frustrazioni e danni più o meno rilevanti. Il ruolo degli eventi storici e relazionali –assolutamente determinante nella genesi delle sindromi post-traumatiche da stress – non è certo irrilevante nella determinazione delle altre patologie psichiche.
Un’affermazione di questo genere aprirebbe una riflessione critica su tutto l’assetto della psicoterapia clinica tradizionale, abituata a non soffermarsi sulle sindromi post-traumatiche e portata a sottovalutare il ruolo dell’ambiente nella genesi della sofferenza mentale. Si aprirebbe a questo punto un discorso che non possiamo sviluppare in questa sede. Qui voglio invece ritornare al tema dello stress.
Dunque in base alle esperienze traumatiche ed avversive – più o meno consistenti – che abbiamo sperimentato ed in base alle situazioni di pericolo che possiamo sperimentare si attiva nel nostro cervello un sistema di regolazione affettiva, che si chiama “sistema di regolazione della minaccia”, che genera stress e che spinge a mobilitare le energie dell’organismo, dalle percezioni alle emozioni, dai pensieri alle fantasie, con la finalità assolutamente prioritaria di far fronte all’incombente minaccia.
Un possibile giudizio negativo di un’altra persona a cui attribuiamo importanza, il non riuscire a portare a termine un lavoro entro una certa scadenza, la sensazione di perdere il controllo desiderato su una persona cara o su una situazione di realtà, il rischio di non avere abbstanza soldi per pagare il mutuo sono alcuni degli infiniti esempi che potremmo fare di possibili pericoli capaci nella vita quotidiana di attivare nel nostro cervello il sistema stressante di regolazione della minaccia.
“Il sistema nervoso autonomo – afferma Dan Brown – è un sistema difensivo d’emergenza la cui caratteristica principale consiste nella reazione nota come “lotta o fuga”. Quando l’organismo si sente minacciato, reagisce solitamente con uno stato di eccitazione e con un aumento della tensione muscolare, pronto al combattimento o alla fuga. La frequenza cardiaca aumenta e il flusso sanguigno viene indirizzato ai muscoli e al cervello in modo da aumentare lo stato d’allerta e la capacità reattiva. È una reazione tipica nei mammiferi quando si sentono minacciati, anche se negli uomini l’attivazione del sistema nervoso autonomo è un fenomeno più complesso. Reazioni simili, anche se meno intense, possono essere stimolate da attività quotidiane: l’incremento della frequenza cardiaca, la vasodilatazione e l’aumento della tensione muscolare si manifestano tutte le volte che ci concentriamo mentalmente per prepararci all’azione. La reazione di “lotta o fuga”, anche nelle sue versioni a carattere meno intenso, insieme all’aumento dello stato d’allerta e alla preparazione all’azione, sono gli indicatori tipici dell’attivazione del sistema nervoso autonomo. (Cfr. a cura di D. Goleman, “Le emozioni che fanno guarire”, Mondadori)
Tecniche come la mindfulness, lo yoga, l’attività di visualizzazione meditativa possono contribuire a fermare l’attivazione del sistema di regolazione della minaccia e mettere in funzione – come afferma Gilbert – un altro sistema di regolazione affettiva presente nel nostro cervello: il sistema calmante dell’appagamento, che contrasta lo stress, rallenta i processi mentali, rende lucida la mente e può generare un profondo benessere.
Voglio infine citare una riflessione di Dan Brown che può aiutare una comprensione profonda e concreta delle cause e delle manifestazioni dello stress e delle strategie per affrontarlo.
“La gente ama la routine che, in una certa misura, è salutare. I cambiamenti improvvisi aumentano la possibilità di ammalarsi. La ricerca sul life-change stress è stata la prima compiuta in occidente sullo stress, eppure la maggior parte di noi non vive cambiamenti così sconvolgenti, ma momenti di stress più ordinari: fastidi quotidiani come perdere le chiavi e diventare matti per ritrovarle, avere troppo da fare, ricevere troppe telefonate, fare la fila o dover andare in mille posti. Tutte tensioni che si accumulano. Un poeta ha affermato che i grandi cambiamenti della vita, la morte di qualcuno, per esempio, non ci fanno impazzire quanto il laccio di una scarpa che si rompe quando abbiamo fretta di uscire di casa. Il sistema nervoso autonomo si attiva tutte le volte che ci sentiamo assillati. Se non sappiamo liberarci da questa situazione, ritornare alle funzioni basali, a uno stato di riposo, lo stress si accumula e costringe l’organismo a una condizione di iperreattività.
Dopo qualche tempo è possibile che si manifestino i primi problemi di salute.
Anche i fattori ambientali possono rivelarsi stressanti: il freddo, il rumore, l’inquinamento dell’aria e quello elettromagnetico, perfino gli spostamenti o il volare. La competizione, il sovraffollamento o al contrario l’isolamento, la vita nelle metropoli possono causare uno stress sociale. Numerosi sono anche gli stress legati agli stili di vita: disordini alimentari, abuso di alcolici e uso di droghe. Eventi stressanti possono essere dovuti alla mancanza di tempo, all’eccessivo esercizio fisico o alla sua assenza. Di solito, quelli che conducono una vita routi-naria sono meno stressati di quelli che conducono una vita meno abitudinaria e con turni di lavoro imprevedibili, come infermieri e pompieri.
Ci si comincia a rendere conto che il vero problema non è lo stress, che rappresenta solo una manifestazione esteriore. Alcune persone possono vivere situazioni oggettivamente stressanti e manifestare una debole reazione biologica; altre persone manifestano un’attivazione del sistema nervoso autonomo in seguito a stimoli che per la maggior parte di noi non sono biologicamente stressanti. Come ce lo spieghiamo? Ciò che conta non è l’evento in se stesso, ma come la mente lo interpreta e lo affronta.
Ci sono due modi di affrontare una situazione difficile: uno salutare e uno nocivo. Tra quelli positivi vi sono l’adozione di un approccio concreto al problema, il cercare di vederlo da un’angolazione diversa, in maniera distaccata. Un altro buon metodo consiste nell’affrontare le emozioni provocate da avvenimenti stressanti parlandone e cercando l’aiuto degli altri.
Tira i modi nocivi vi è la negazione del problema, il desiderio che il problema scompaia da solo, il fantasticare su condizioni dì vita più piacevoli. In tutte queste situazioni c’è la costante preoccupazione di fuggire dal problema, di evitare di affrontarlo. Il problema non se ne va e anche se la mente si sposta altrove la reazione del sistema nervoso autonomo permane. Altri modi negativi di gestire le emozioni consistono nello scaricare le colpe sugli altri o nel restare come paralizzati, incapaci d’agire. Lo scaricare le colpe sugli altri è il tipico modo di farsi del male degli occidentali”.