“DAGLI AL FROCIO!” Cosa può fare l’intelligenza emotiva contro il bullismo omofobo, di Claudio Foti e Annarita Del Mese

“DAGLI AL FROCIO!” Cosa può fare l’intelligenza emotiva contro il bullismo omofobo, di Claudio Foti e Annarita Del Mese

Se da un lato procede sul piano giuridico una tendenza all’inclusione degli omosessuali (vedi il referendum nella cattolica Irlanda che legittima le nozze gay), permangono aree di intolleranza sul piano sociale e le radici dell’omofobia risultano ancora ben piantate sul piano culturale ed educativo. Nonostante il fatto che le nuove generazioni di eterosessuali abbiano un atteggiamento più favorevole ed aperto nei confronti delle minoranze sessuali rispetto al passato, non bisogna sottovalutare che molte persone giovani mettono in atto il pregiudizio sessuale in forma di umiliazioni, molestie, bullismo e violenza nei confronti degli omosessuali (Russell et al. 2010; US Commissione Diritti civili, 2011).

gay
Un sondaggio condotto dall’Unione Europea su un campione di 93 mila persone lesbiche, gay e transessuali maggiorenni dei paesi membri non lascia dubbi: nella loro vicenda si collezionano intimidazioni, attacchi violenti e comportamenti discriminatori. 

Le difficoltà iniziano a scuola, dove atti di bullismo e atteggiamenti intolleranti sono per molti il primo duro impatto con una società che non comprende e rifiuta le diversità. Peraltro l’atteggiamento omofobo aggressivo colpisce nelle scuole e nel territorio anche bambini e ragazzi che non hanno un orientamento omosessuale e che vengono ancora quotidianamente scherniti, disprezzati o addirittura perseguitati dai coetanei in quanto “effeminati” e poco “virili”.
Si parla di bullismo omofobico quando i bambini o i ragazzi subiscono azioni offensive a carattere omofobico da parte di uno o più membri del gruppo dei pari, intenzionalmente e ripetutamente nel corso del tempo e tali aggressioni, fisiche e/o verbali, sono loro dirette per via dell’orientamento sessuale (reale o presunto) oppure del ruolo di genere non conforme alle aspettative socioculturali (Lingiardi, Nardelli, 2014).

La consapevolezza che la propria attrazione affettiva e erotica non sia socialmente accettata si accompagna spesso alla paura di essere scoperti dagli altri e di essere di conseguenza emarginati, derisi o aggrediti. Si ritiene che già a 8-10 anni i bambini acquisiscano e utilizzino terminologie denigratorie su gay e lesbiche: ancora prima di sapere che tali terminologie designano persone attratte da altre dello stesso sesso, i bambini intuiscono che esse descrivono qualcosa di profondamente indesiderabile. Si evince che l’omofobia, soprattutto nel periodo adolescenziale, spinga i ragazzi a un monitoraggio attivo del proprio comportamento per non essere etichettati come omosessuali (Pietrantoni, Prati, 2011).

Nei casi di bullismo omofobico, la dimensione di abuso cronico perpetrato da un gruppo assume una rilevanza particolare: l’aiuto alla vittima infatti è più difficile a causa di quel fenomeno psicosociale chiamato “stigma per associazione” poiché se un ragazzo frequenta o difende un ragazzino omosessuale allora vi è il rischio che sia considerato omosessuale a sua volta (Pietrantoni, Prati, 2011). Mettendo in rilievo l’importanza e l’urgenza di promuovere interventi mirati a ridurre il manifestarsi del bullismo omofobico nelle scuole, sono stati delineati alcuni provvedimenti istituzionali da intraprendere nell’ambito dell’istruzione. Molti studi hanno rilevato conseguenze tra gli adolescenti vittime di bullismo omofobico come demotivazione e dispersione scolastica e calo di rendimento, senso d’insicurezza e timore di andare a scuola, desiderio di trasferirsi o di abbandonare gli studi ma tale fenomeno può ripercuotersi anche sul benessere delle vittime con effetti anche gravi e a lungo termine, tra cui i disturbi appartenenti all’area traumatica come il Disturbo Post-Traumatico da Stress, problemi relazionali e relativi alla stima di sé, depressione, comportamenti autolesivi e tentativi suicidari (Rivers, 2004; Buccoliero, Maggi, Pietrantoni, 2010; Lelleri, Pozzoli, 2010; Rivers, 2011).

Ad esempio la ricerca “Schoolmates” (Lelleri, Pozzoli, 2010), condotta in Austria, Italia, Polonia e Spagna nel biennio 2006-2008 nell’ambito del programma “Daphne II”, co-finanziato dalla Comunità Europea, che ha preso in esame un campione di 1.469 partecipanti (studenti, docenti e personale non docente) mostra che il 72,5% è stato testimone di episodi di insulti omofobici verbali, il 55,4% di insulti omofobici scritti, il 21,8% di bullismo escludente, il 25,9% di aggressioni omofobiche violente. In un’altra ricerca, condotta in Gran Bretagna da Ian Rivers (2004) su un campione di 119 partecipanti, si evidenzia la ricorrenza di sintomi da stress postraumatico in soggetti che hanno subito atti di bullismo omofobico e a distanza di circa 15 anni dal primo episodio di bullismo subito i partecipanti riferiscono di essere ancora regolarmente disturbati dal ricordo del bullismo scolastico, di avere flashback di quegli episodi e incubi notturni legati a tali esperienze. Dal punto di vista clinico, al 17% del campione potrebbe essere attribuita la diagnosi di Disturbo Post-Traumatico da Stress.
Dietro i comportamenti omofobi tra i bambini e i ragazzi agiscono vissuti di paura della diversità, ansia relativa alla propria identità, odio nei confronti di chi minaccia le sicurezza, di confusione derivante dall’ignoranza e dal pregiudizio. L’intelligenza emotiva non sponsorizza ideologie sulla sessualità o sull’omosessualità, ma tende a promuovere in ciascun soggetto in età evolutiva il rispetto della propria vita emotiva/ affettiva e di quella altrui. L’intelligenza emotiva aiuta a contrastare l’intolleranza e tende a favorire un clima dove i punti di vista sul piano etico e valoriale possano confrontarsi in modo costruttivo. L’intelligenza emotiva insegna ad esplicitare e rendere consapevoli i vissuti piacevoli, ma soprattutto quelle spiacevoli che tendono ad essere accantonati, non accolti nei processi educativi nella scuola e in famiglia. Le emozioni non dette, non pensate, non elaborate tendono a trasformarsi in agiti aggressivi. La mancanza di autoconsapevolezza emotiva finisce per favorire la mancanza di empatia, finendo così per alimentare l’impulsività, la mancanza di accettazione della fragilità, la proiezione delle debolezze sugli altri e il pregiudizio: tutti elementi che stanno alla base dell’omofobia.