Ideologia negazionista

Ideologia negazionista

Il trauma infantile conseguente all’abuso è una verità che non può essere eliminata. Il trauma è una bomba ad orologeria se non viene elaborato: può essere rimesso in scena con le più svariate modalità per l’intera esistenza ed essere ribaltato e scaricato su altri bambini a distanza di decenni dalla sua genesi. Il trauma tende inevitabilmente ad emergere e riemergere attraverso il linguaggio dei sintomi e attraverso l’insopprimibile bisogno di trasformarsi in parola e diventare oggetto di narrazione. Nel contempo il trauma infantile è destinato ad essere contrastato da forti movimenti difensivi di rimozione, negazione, razionalizzazione, dissociazione. E non è solo il soggetto traumatizzato a dissociare l’esperienza stressante dell’abuso subito. È la stessa comunità a dissociare le dimensioni di violenza che risultano socialmente e culturalmente impensabili e indigeribili.

In questa cornice, caratterizzata dalla dialettica conflittuale insita nel trauma, occorre collocare l’attuale dibattito sulla valutazione della attendibilità della presunta vittima di abuso sessuale e l’emergenza crescente di tendenze culturali, scientifiche ed istituzionali negazioniste. Non c’è violenza senza negazione. Non c’è violenza senza negazionismo ovvero senza che compaia un discorso coerente e articolato teso a sostenere la negazione con una varietà di argomenti. Il negazionismo dell’abuso sui bambini in generale e dell’abuso sessuale in specifico è una tendenza culturale e scientifica che, con apporti di diversa natura, consistenza e qualità, tende ad affermare:

1. la violenza all’infanzia non presenta dimensione massive e non rappresenta un’emergenza sociale;

2. una parte rilevante o addirittura maggioritaria delle denunce o dei ricordi di abusi sono falsi;

3. le campagne di prevenzione dell’abuso sono in qualche misura dannose, favorendo un eccesso di allarmismo in adulti, i quali poi rischiano di trasferire le loro ansie sui bambini, innescando così processi inducenti false accuse;

4. l’abuso è muto e non lascia tracce specifiche e decifrabili con certezza;

5. la suggestionabilità dei bambini è elevatissima e la competenza testimoniale del bambino presunta vittima dell’abuso è assai scarsa o nulla;

6. interviste mal poste hanno il potere di indurre falsi ricordi o addirittura di generare sintomi post-traumatici;

7. la memoria dei bambini in genere e dei bambini traumatizzati in particolare è inaffidabile;

8. dunque, anche quando esiste, l’abuso su un minore è impossibile o molto difficile da dimostrare;

9. l’ascolto del bambino in contesto forense deve escludere atteggiamenti di comprensione emotiva e di empatia;

10. non è dimostrato, né sempre certo il danno derivante ad un bambino da un rapporto sessuale con un adulto, meno che mai per un minore che ha raggiunto la pubertà.

Il negazionismo dell’abuso produce riflessioni, interpretazioni, schemi teorici o diagnostici che rappresentano una sfida culturale di grande rilievo per tutti gli operatori e gli studiosi impegnati nel contrasto alla violenza sui minori, sia perché i contributi di questa corrente hanno raggiunto una forte rilevanza nell’attuale contesto sociale ed istituzionale e sia perché spesso contengono al loro interno una mescolanza di: a) contenuti ideologici funzionali alla cancellazione della verità storica della violenza, al garantismo inteso come garanzia dell’impunità per l’abusante e alla negazione della rilevanza del trauma nella vittima e nella società; b) conoscenze adeguate e sollecitazioni realistiche, che possono essere distinte dalle finalità ideologiche e vanno apprezzate in quanto tali (per esempio, l’attenzione, ancorché strumentale, al tema della suggestione positiva ha portato alcuni autori a fornire indicazioni importanti per favorire la possibilità dei bambini di portare il proprio contributo testimoniale, riducendo l’interferenza di domande suggestive, induttive o anticipatorie; così come il tentativo negazionista di enfatizzare i deficit della memoria infantile, può sollecitare i professionisti ad una considerazione approfondita della complessità dei processi di decodifica, immagazzinamento e recupero dei ricordi infantili).