IL RILANCIO DI ROMPERE IL SILENZIO. UNA PROPOSTA DI AGGREGAZIONE NAZIONALE PER IL CONTRASTO ALL’ABUSO SESSUALE SUI MINORI di Claudio Foti

IL RILANCIO DI ROMPERE IL SILENZIO. UNA PROPOSTA DI AGGREGAZIONE NAZIONALE PER IL CONTRASTO ALL’ABUSO SESSUALE SUI MINORI di Claudio Foti

 

  1. Situazione sociale ed abuso sessuale.

L’abuso sessuale è un fenomeno vecchio come il mondo, per alcuni aspetti amplificato dalla società contemporanea. Nella cultura sociale attuale la sessualità tende ad affermarsi non tanto come esperienza fondata sul rispetto della persona e dei sentimenti, non tanto come dimensione di incontro, di conoscenza/riconoscimento dell’altro, quanto piuttosto come terreno di esaltazione narcisistica, di trionfo e di controllo sull’altro, come luogo di oggettivazione e mercificazione del corpo femminile, di affermazione di modelli stereotipati di tipo perfezionistico associati all’identità di genere. La sessualità, in particolare quella maschile, tende non di rado a degenerare in sex addiction, attività compensativa e compulsiva per curare la solitudine e l’infelicità o peggio come piano inclinato verso la perversione e verso l’abuso nei confronti dei soggetti più deboli. Mentre la crisi economica si stabilizza o addirittura si estende non incontrano cadute di profitto l’industria della prostituzione e della pornografia, che si espandono coinvolgendo sempre di più in vari modi settori, non solo di adolescenti, ma anche di bambini.  Le ricerche retrospettive sull’abuso sessuale prima dei 18 anni – quelle che consentono con la garanzia dell’anonimato una rilevazione quantitativa più adeguata – forniscono cifre inquietanti che parlano di un fenomeno socialmente molto diffuso, “endemico” nella comunità adulta, ancora in gran parte sommerso e tutt’altro che in calo.

A fronte della consistenza dell’abuso sessuale sui bambini le strategie sociali di contrasto al fenomeno continuano a mancare: si riducono le risorse per la prevenzione nelle scuole, la segnalazione dei sospetti casi di abuso rimane un impegno che suscita ansie e difese tra gli operatori, l’ingresso dei bambini abusati o presuntamente abusati nel circuito giudiziario diventa sempre più rischioso e sofferto, le risposte di cura risultano scarse, se non assenti e spesso superficiali ed incapaci di elaborare il trauma.

 

  1. Il negazionismo.

Come se non bastasse, a partire dalla committenza di soggetti indagati ed imputati di reati sessuali, capaci di negoziazione economica, si è sviluppata una scuola di pensiero di avvocati e psicologi-forensi che s’impegnano strenuamente a garantire sempre e comunque l’impunità ai loro assistiti.   Il problema delle false accuse da questione clinica, certamente meritevole di attenzione e che può comparire in un numero limitato di casi, è stato enfatizzato e presentato come pericolo costantemente incombente.

E’ psicologicamente e socialmente preferibile da parte della comunità adulta e delle sue istituzioni attribuire la massa delle rivelazioni che stanno emergendo a distorsioni percettive piuttosto che ad un fenomeno inquietante, le cui dimensioni obbligherebbero ad una forte messa in discussione. Si è diffuso in maniera acritica lo stereotipo della madre ansiosa ed alienante, a cui viene attribuita aprioristicamente l’intenzione conscia o inconscia di condizionare le rivelazioni del bambini. E’ stata ed è ampiamente utilizzata in ambito psicologico-forense e giudiziario una classificazione diagnostica (la PAS, Sindrome di Alienazione Parentale) che non ha nulla di scientifico e che è stata ed è utilizzata per patologizzare le piccole vittime che rivelano degli abusi e per delegittimare le madri che prendono sul serio le comunicazioni dei figli. Si è sviluppata una cultura negazionista che alimenta un pesante atteggiamento di sfiducia, di insensibilità e di mancanza di ascolto nei confronti dei bambini e che tende ad affermare che l’abuso sessuale è un fenomeno muto ed non verificabile, non lasciando segni accertabili attraverso qualsivoglia procedura psicologica e sociale.

La cultura negazionista ed adultocentrica condiziona profondamente gli atteggiamenti ed i comportamenti professionali di una vasta area non solo di avvocati, di consulenti tecnici, di giudici, ma anche di psicologi, assistenti sociali ed educatori.  D’altra parte molti operatori delle istituzioni sociali, sanitarie ed educative sono costantemente confrontati con le multiformi manifestazioni dell’abuso sessuale sui bambini. Tra questi operatori coloro che non vogliono chiudere gli occhi e le orecchie di fronte alla sofferenza, alla confusione e all’angoscia dei bambini abusati si trovano spesso del tutto privi di strumenti di formazione, di confronto e supervisione, perché il fenomeno dell’abuso sessuale sui bambini dopo una fase di riconoscimento è andato incontro sul piano sociale ed istituzionale a vari atteggiamenti di minimizzazione o negazione.

In sintesi mentre da un lato la sessualizzazione perversa diventa per molti adulti una risposta difensiva sempre più ricercata nei confronti nei confronti del disagio e della fragilità, il fenomeno dell’abuso sessuale risulta sempre più escluso dagli obiettivi della politica, sottovalutato e misconosciuto nell’agenda delle priorità sociali, inascoltato dagli operatori, accertato con sempre maggiore difficoltà dalle stesse istituzioni giudiziarie.

 

  1. La proposta di Rompere il silenzio.  

C’è dunque un grande spazio di iniziativa culturale e politica (nel senso di una proposta rivolta all’intera “polis”, all’intera comunità sociale) per una proposta di intervento, di riflessione di denuncia e di contrasto all’abuso sessuale sui minori in tutte le sue sfaccettature. L’estendersi di un negazionismo sempre più incisivo e nocivo in ambito psicologico forense, giudiziario e psico-sociale non deve far dimenticare che esiste una vastissima area di persone sensibili, di operatori e di professionisti interessati al rispetto dei bambini, di vittime di abuso, di familiari e di amici delle vittime. Si tratta di un’area spesso sfiduciata, muta e dispersa, carente di punti di riferimento organizzativi e professionali affidabili e priva di un’aggregazione coerente ed efficace, che possa unire l’impegno contro l’abuso sessuale e contro l’adultocentrismo ai valori dell’intelligenza emotiva, dell’ascolto e della protezione dei bambini.

Stiamo considerando  la possibilità di un rilancio dell’Associazione Rompere il silenzio che ha svolto 20-15 anni fa un’azione rilevante di sensibilizzazione culturale con tre campagne nazionali sul tema dell’ascolto dei bambini, del contrasto all’adultocentrismo, dell’educazione alla sessualità e all’affettività. Rompere il silenzio ha terminato la sua attività, perché le risorse di volontariato su cui si poggiava sono venute meno, ma non è mai stata sciolta.Lo Statuto certamente andrebbe riscritto per orientare in modo specialistico l’azione dell’associazione sul tema del contrasto all’abuso sessuale sui minori. Il Centro Studi Hansel e Gretel può sostenere la nuova Associazione Rompere il silenzio, ma non può certo assumere su di sé il ruolo che quest’Associazione potrebbe svolgere: Hansel e Gretel è un’associazione professionale e culturale che  non ha le caratteristiche per diventare un’Associazione nazionale di contrasto all’abuso sui minori. Dunque la gran parte dei dirigenti di Rompere il Silenzio non possono e non devono essere di Hansel e Gretel. Gli interessati possono rivolgersi per contatti ed informazioni  alla mia attenzione a info@cshg.