
12 Gen INSIDE OUT: LE EMOZIONI COME PERSONAGGI COLORATI di Elena Comandé
Un recente film di animazione della Pixar Inside out ha avuto il merito di portare l’attenzione al mondo delicato e fondamentale delle emozioni. Chi l’ha già visto avrà già avuto modo di formarsi una propria opinione e chi non lo ha visto… si affretti! Si tratta di un film rivolto a un pubblico vasto, adatto tanto agli adulti quanto ai bambini. Riteniamo che possa essere utile per comprendere l’importanza delle emozioni, che vediamo agire nel film all’interno di una vera e propria camera di comando.
Nella vita di tutti i giorni viviamo a contatto con emozioni complesse e confuse a cui prestiamo scarsa attenzione. Molto spesso non le riconosciamo o non prestiamo ascolto ai segnali che queste ci mandano dalla loro “camera di comando”. Quei personaggi colorati che vediamo sullo schermo rappresentano in modo efficace e semplice qualcosa che noi non distinguiamo e che cerca di attirare la nostra attenzione o di condizionare i nostri comportamenti. Nel film Inside Out questi personaggi colorati acquistano forma in maniera semplice ed efficace con un linguaggio che può arrivare non solo agli esperti, ma a un vasto pubblico che include anche i più piccoli. Tutte le persone del resto sono potenzialmente esperte di emozioni; spesso, però, non sono pronte a sentirle pienamente e a considerarle nel loro profondo significato.
Raffaele Alberto Ventura (link: http://www.rivistastudio.com/standard/insideout-psicologia/) propone una riflessione su come Inside Out possa proporsi come topica, ovvero come “un modo di dare corpo e disporre nello spazio certi rapporti e certe relazioni, in verità ben più complessi”. Scrive Ventura: “Quello che accade in Inside Out non è meno vero di qualsiasi altra topica: è un modello. Così come gli atomi non hanno assolutamente l’aspetto che gli prestiamo nelle nostre rappresentazioni simboliche, eppure li prendiamo per veri, nello stesso modo Gioia e Tristezza esistono anche se non hanno i capelli colorati, gli occhiali e quello stesso vestito verde.”
I registi hanno adottato un’idea originale per avvicinare il pubblico alle emozioni e proporre la spiegazione del funzionamento della mente umana; in questo caso, per farlo sono stati utilizzati cinque simpatici personaggi colorati. Nell’articolo, l’autore sottolinea come Inside Out non sia “un film sulla malattia mentale, quanto piuttosto sulla normalità”. Riley, la giovane protagonista, affronta i problemi comuni a diversi coetanei, non situazioni che vanno al di là dell’ordinario. È proprio qui, nella quotidianità che l’emozioni svolgono il loro lavoro; tutto dipende da noi, da quanto siamo disposti ad ascoltarle e a riconoscerle.
Durante tutto il film possiamo notare il difficile rapporto tra la spumeggiante Gioia e la silenziosa Tristezza. Mentre Gioia tende a mantenere sempre il controllo del cervello di Riley allontanando Tristezza dagli strumenti di comando, sarà quest’ultima ad assumere un ruolo centrale nella vita della protagonista: le permetterà di tornare a casa dai suoi genitori e chiedere loro un aiuto. La Gioia subentrerà, infine, insieme alla Tristezza, quando Riley sentirà che la propria Tristezza è accolta e riconosciuta dai propri genitori.
Rilevante è la conclusione dell’articolo di Ventura:
“Inside Out è un film che tenta di disinnescare certe rappresentazioni del disagio mentale e della depressione prêt-à-porter che alimentano l’abuso crescente di psicofarmaci in Occidente. Perché una cosa è la depressione e altra cosa i “dolori della crescita” e più generalmente il disagio che suscita in quasi tutti il confronto con la realtà. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Psychotherapy and Psychosomatics e citato dal New York Times, almeno due terzi delle diagnosi di depressione negli Usa sono sbagliate. Un dato piuttosto inquietante se pensiamo che secondo la Food and Drug Administration i farmaci antidepressivi raddoppiano la propensione al suicidio nei pazienti giovani.
Nel 1621, Robert Burton pubblicava il suo saggio The Anatomy of Melancholy, nel quale tra innumerevoli digressioni letterarie tentava di dimostrare che la malinconia fosse una patologia — dalla quale tuttavia, scrive Burton, nessuno è immune: perché la malinconia è propria dell’essere umano. Oggi si tende a diagnosticare con grande facilità degli “squilibri chimici”, medicalizzando i comportamenti che si discostano dall’accettazione euforica della realtà. È un sistema perverso che porta gli specialisti a prescrivere con eccessiva facilità farmaci antidepressivi anche ai bambini e agli adolescenti, creando dipendenze dalle quali poi avranno gran difficoltà a liberarsi.”
Un film interessante, quindi, “Inside Out e adatto a chiunque voglia avvicinarsi a quei piccoli e sconosciuti personaggi colorati: Gioia, Paura, Tristezza, Disgusto e Rabbia.