INTELLIGENZA EMOTIVA E MEDICINA. LA RELAZIONE CHE CURA di Franca Vocaturi

INTELLIGENZA EMOTIVA E MEDICINA. LA RELAZIONE CHE CURA di Franca Vocaturi

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L’esperienza degli ultimi due mesi mi ha portato a mettere a confronto due modalità opposte di approccio con il paziente (ma potremmo dire l’utente o l’allievo o… l’altro) e ne ho sperimentato gli esiti sulla mia pelle. Una visita di controllo in una struttura pubblica, per un problema con cui convivo da anni, piuttosto diffuso, alla tiroide. Dalla visita non mi aspetto molto sul piano della relazione, sono abituata alla freddezza, al distacco professionale, al contesto del grande ospedale, all’anonimato delle chiamate, ma così non l’avevo mai vissuto. Riconosco il giovane medico, è lo stesso dell’ultimo controllo, al contrario io non mi sento riconosciuta. Mi fa un’ecografia e poi passa il resto del tempo al computer, a leggere, a scrivere e senza guardarmi mi prospetta la possibilità di un intervento. Naturalmente non mi aspettavo questo riscontro. Subito non capisco. Ciò che mi aspettavo era il solito: “non ci sono modifiche di rilievo, torni al controllo con gli esami tra un anno circa”. Perplessa e intimorita chiedo spiegazioni e la risposta è che tra 30 anni potrei non respirare più e se anche i miei noduli smettessero di crescere (ipotesi mia) comunque sono grandi… Quando chiedo delucidazioni sull’intervento la risposta è: “si tratta di un intervento chirurgico”. Chiarissimo. Lui continua a scrivere mentre io resto seduta davanti a lui e anche se comprendo razionalmente che in questo momento il problema non è la mia tiroide ma quella persona che io guardo e che non è in relazione con me, emotivamente sono turbata e impaurita, dipendente dalle sue parole, che suonano come un verdetto e che ho paura siano vere.

Le emozioni che mi attraversano quando torno a casa sono tante e subito confuse. Sono spaventata e arrabbiata, vorrei tornare indietro e cantargliene quattro. Non ha avuto rispetto, ascolto della mia fragilità, non mi ha vista. Di lì a poco devo uscire per un appuntamento e quando sono per strada, in auto, mi accorgo di essere disorientata, tanto che chiamo per verificare il luogo dell’incontro prima e poi per farmi indicare la strada “forse sto sbagliando, dove sto andando?”. Mi sono sentita vulnerabile e mortale ed è questo che quel medico ha calpestato.

Con calma ho deciso che non ci tornerò e che mi rivolgerò alla mia omeopata, mi affretto a telefonarle, sento l’urgenza di vederla. Devo tenere a bada la mia ansia perché per impegni di entrambe riusciamo a fissare un appuntamento solo dopo un mese ma quando finalmente la incontro la saluto con calore, mi accorgo che la bacio, spontaneamente! Lei sì, mi ascolta e mi racconta anche di sé, del suo passaggio all’omeopatia, che considera ogni persona unica e speciale. Ed è questo che conta. La cura è in primo luogo la relazione. Quando me ne vado la bacio ancora (e lei ricambia!). Sono sorridente e sollevata, con i rimedi prescritti e una grande fiducia nella mia capacità di guarigione.

Torino, 30/05/2015