13 Dic La distruzione psicologica di un bambino
Sono oltre venti anni che faccio psicoterapia da quando la mia insonnia cronica mi costrinse a rivolgermi ad uno specialista. Fino ad allora la mia vita è stata un inferno. O meglio credevo che una psicoterapia mettesse fine, così magicamente(come assumere un farmaco), alla mia sofferenza. Ma non è stato affatto così. Quando ho scoperto che la causa di tutti i miei problemi era nientemeno che MIA MADRE la mia sofferenza e la mia disillusione sono state indescrivibili! Fino ad allora mi sarei fatto uccidere per lei che ritenevo la persona più buona e affettuosa di questo mondo ma era UN CASTELLO DI MENZOGNE creato da lei a cui io, cieco, credevo senza il minimo sospetto. Oggi posso dire che mia madre mi ha usato, da prima ancora che nascessi, come un ‘oggetto’. Mai sono stato riconosciuto come un ‘soggetto’ con diritto di esistere!
Nasco da un’unione extraconiugale e divento ‘pretesto’ affinché mio padre abbandoni la sua famiglia(tre figli in tenera età) e cominci una convivenza con mia madre che non vede l’ora di scappare da una madre che la tiene segregata’ in una ‘splendida prigione’: così ha visto in mio padre la possibilità di una ‘via di fuga’. Un uomo che, circa quarant’anni fa, non avrebbe lasciato sua moglie se mia madre non lo avesse ‘tirato per i capelli’, se non era incinta di me. Mio padre abituato alla bella vita non ha saputo mantenere un lavoro e mia madre è stata costretta a lavorare. Ma era una situazione voluta da lei e ha dovuto lavorare perché a casa non c’era materialmente di che mettere a tavola. Così vengo chiuso in collegio all’età di cinque anni ‘sacrificato’ ai bisogni di mia madre e alla incapacità di mio padre. Vengo prima ‘accolto’ presso un istituto di ‘amabili’ suore dove gli schiaffi e le umiliazioni non si contano, come assumere olio di ricino che devi tracannare a forza perché bloccato dalle strette delle suore e delle loro aiutanti, per poi essere trasferito in un altro Istituto fetido e promiscuo. Ancora ricordo l’angoscia e la paura che mi accompagnavano in quel vecchio pulmino blu mentre le due suore davanti me parlavano dei fatti loro. Mi chiedevo se mia madre sapesse del mio trasferimento e se sarebbe più venuta a farmi visita. Guardavo la strada scivolare davanti a me con la morte nel cuore: vivevo lo smarrimento, la tristezza, la solitudine più cupe. In quest’altro istituto le cose andavano peggio, purtroppo. Venivo trattato come un animale, un peso indesiderato da sopportare. Facevo la pipì al letto e perché ‘imparassi’ a non farla più ero costretto a dormire senza lenzuola né coperte. Avevo un gran freddo e mi tiravo l’altra parte del materasso a mo’ di coperta. Noi più piccoli vivevamo gomito a gomito con i ragazzi più grandi di cui dovevamo subire i soprusi e le angherie. Se non eri simpatico a loro non potevi giocare con gli altri bambini poichè decidevano chi, come e quando poteva giocare. tra questi ce n’era uno, Attanasio, che con me era molto cattivo. Un giorno entrò come un furia nei bagni del campetto dove io ero appena entrato, chiuse la porta e mi prese a schiaffi. Io ero spaventato, piangevo e volevo scappare ,ma lui me lo impediva, buttandomi per terra e minacciandomi ancor più. Ricordo che mi imponeva di stare zitto, mettendo i suoi occhi scuri e minacciosi davanti ai miei. Allora io per limitare le botte che prendevo e lo spavento che mi incuteva, incominciavo a frenare la paura e ingoiare le lacrime in gola. Mi disse di abbassare i pantaloni e io non capivo manco cosa volesse fare. Mi sodomizzò e sento ancora i suoi gemiti sulle spalle. Questi fatti si ripeterono fino a quando non uscii definitivamente da quell’incubo vivente. Altre volte mi ripeteva che mi piaceva. Da allora divenni sottomesso e collaborativo. Mi prendeva in giro e mi usava come fossi la sua ‘puttana’. Anche di notte mi faceva visita, strappandomi al sonno. Ma spesso, dopo questi abusi, mi sentivo ‘sporco’ e avevo disgusto di me stesso. Mi sentivo annientato, vinto e distrutto.
Circa un anno dopo, mia madre mi fece uscire da quell’inferno. Ma le separazioni non erano finite: mi mise in una scuola di intrattenimento in cui c’era il proprietario che ci vessava continuamente. Un giorno scappai perché lui era particolarmente infuriato con me. Mi riacciuffò per strada e mia madre gli disse “Si signor Enzo lo picchi pure. Ma non sul capo. La testa è delicata”.
SE QUESTA E’ UNA MADRE…