
31 Ott LA VIOLENZA PSICOLOGICA E I BAMBINI SPERDUTI
LA VIOLENZA PSICOLOGICA E I BAMBINI SPERDUTI
di Chiara Martorelli
Da bambini sarà capitato a molti di vedere in Peter Pan un ragazzino avventuroso, che decide di fuggire da un mondo, quello degli adulti, nel quale i più piccoli vengono spesso messi da parte, trascurati o non compresi. Dietro a questo noto personaggio si cela la mente del suo autore, James Matthew Barrie, un uomo dal vissuto infantile turbolento, un vissuto che indubbiamente ha influito sulla stesura della sua celebre opera. Durante l’infanzia Barrie subì la perdita del fratello maggiore, poco più grande di lui. Fu la madre a patire maggiormente il dolore della perdita del figlio, un dolore così intenso da portare Barrie ad impersonificare il fratello defunto indossando i suoi vestiti ed adottando i suoi atteggiamenti e comportamenti. Solo in questo modo riusciva a fare sì che la madre si occupasse di lui; ma questo incessante tentativo di compiacere il desiderio del genitore, portò al progressivo annientamento del vero Sé di Barrie. Un’infanzia perduta, un po’ come quella dei bimbi dei suoi racconti. Un’infanzia che lascia, come succede in tante storie di maltrattamento psicologico, non già una sofferenza che s’installa nella profondità dell’animo, che rimane silenziosa ed esternamente difficile da riconoscere.
L’esperienza dell’autore di Peter Pan è in realtà molto più comune di quanto si creda, poiché, seppure con sfumature differenti, molti bambini sono portati a vivere alla stregua di oggetti che, con passività, soddisfano le aspettative dei propri genitori. La violenza psicologica è la più diffusa forma di maltrattamento di un adulto su un bambino ma, purtroppo, allo stesso tempo, è anche la più difficile da riconoscere. Nell’immaginario collettivo un minore maltrattato ha le sembianze di un bambino con ferite ben visibili e compatibili con calci, pugni o violenze fisiche di altro genere. È difficile pensare che esistano dei modi tanto sottili quanto impercettibili con i quali, spesso gli stessi genitori, possono portare all’annientamento psichico i propri figli. Pochi sospetterebbero che i gesti di una madre “premurosa” che soddisfa i bisogni del bambino ancor prima che vengano espressi, possano generare nel figlio un malessere profondo per l’impossibilità di manifestare i propri desideri come individuo separato e non come appendice di qualcun altro contro la sua stessa volontà. A ferire e compromettere la crescita del bambino, non sono solo ceffoni e botte, ma anche la continua denigrazione, l’ostilità, le minacce, la mancanza di disponibilità emotiva o, all’opposto, un atteggiamento iperprotettivo, il fornire cure e affetto senza tener conto dei reali ed autonomi bisogni del bambino, ma sovrapponendo a tali bisogni le esigenze narcisistiche o autocentrate del genitore stesso.
Spesso i genitori sono in grado di “pensare” il bambino solo da un punto di vista materiale, cioè hanno la capacità di occuparsi di lui per ciò che concerne la parte fisica, ma non sono disponibili emotivamente per il proprio figlio. È come se la vita emotiva del bambino venisse completamente rimossa. Non sono pochi i bambini magari ben vestiti, ben nutriti e che appaiono in piena salute, ma che portano con loro un disagio interno frutto di un lento logoramento psichico che trova le sue radici nella relazione tra genitore e figlio e che, giorno dopo giorno, rappresenta una continua minaccia per la formazione e l’espressione di un Sé integro, stabile e coeso. Non sono pochi i bambini che per essere amati devono costruire un falso Sé, devono adeguarsi all’ideale del genitore un po’ come è successo nell’infanzia dell’autore di Peter Pan, quando il piccolo James Matthew per cercare l’amore e l’approvazione della madre doveva cercare di avvicinarsi al comportamento del fratello più grande morto. Al bambino viene preclusa quella base affettiva, quell’esperienza che dovrebbe permettere l’accesso alla possibilità di contattare il proprio vero Sé, di rendere pensabile la propria irriducibile soggettività, fatta di bisogni, tensioni e sofferenza psichica. Avviene un fallimento di quella capacità definita da Bion come “rêverie materna”, cioè la possibilità di accogliere e contenere gli stati mentali reali del bambino, trasformandoli in elementi che dapprima non pensabili, trovano finalmente quello spazio per poter essere mentalizzati.
In letteratura può capitare di imbattersi nell’antipatico appellativo di “spoilt children”, letteralmente bambini viziati, provenienti da ambienti iperindulgenti e iperpermissivi. In realtà si tratta di un nome del tutto inappropriato e colpevolizzante per dei bambini che non vengono rispettati emotivamente e sui quali “vengono posti proiettivamente delle esigenze, dei bisogni e dei desideri che non sono loro, ma da cui vengono estratte aree di espressività ed esistenza”. Si tratta di bambini i cui genitori non soddisfano i bisogni di definizione di Sé e di sicurezza affettiva, troppo intenti ad appagare i propri bisogni e i propri desideri senza riconoscere l’autonomia mentale e la vita emotiva del bambino. Verrebbe quindi da pensare non certo a dei bambini viziati, ma piuttosto sperduti, dimenticati, da parte di genitori che si accontentano di apprezzare la forma adeguata, l’involucro intatto dei loro figli, non rendendosi conto di agire una distruzione emotiva interna.
Di fronte al maltrattamento, può capitare che i bambini si proteggano attivando dei meccanismi di difesa, che li portano a vedere il genitore come “buono” e se stessi come “cattivi” o “sbagliati”. Il meccanismo di salvaguardia nei confronti del genitore, il meccanismo di idealizzazione appartiene anche a tutti gli adulti che, troppo spesso, davanti alla realtà del maltrattamento psicologico si scrollano di dosso ogni responsabilità. Il voltarsi dall’altra parte di tutti coloro che stanno a guardare e non intervengono riproduce la modalità di negazione della vita emotiva, di cui ogni giorno sono vittima gli “spoiled children”, i bambini sperduti, espropriati dei loro sentimenti, privati del loro diritto di essere riconosciuti e accolti emotivamente.
Fonti:
- Foti C., Bosetto C., Farci S.,(2004), L’abuso all’infanzia. Linee guida per l’intervento nei casi di maltrattamento fisico, psicologico e sessuale ai danni dei bambini e degli adolescenti, Moncalieri(To): Sie editore.
- Borgogno F., (1999), Psicoanalisi come percorso, Torino: Bollati Boringhieri.