L’ABUSO SESSUALE RITUALISTICO E LE RESISTENZE A RICONOSCERLO E CONTRASTARLO

L’ABUSO SESSUALE RITUALISTICO E LE RESISTENZE A RICONOSCERLO E CONTRASTARLO

Che cos’è l’abuso ritualistico? Quali sono le resistenze emotive che l’impatto con questo fenomeno genera negli operatori, negli psicologi, negli inquirenti? Come mai gli abusi sessuali di gruppo, in tutte le loro varianti, rappresentano il sommerso del sommerso, la parte più profonda dell’iceberg dell’abuso sessuale sui bambini? Riprendiamo un saggio che rimane assolutamente insuperato nella capacità di approfondire il fenomeno e di dare rispetto agli interrogativi di cui sopra: “Bambini vittime di abusi sessuali ritualistici e sette sataniche: trauma e meccanismi di difesa dalla sofferenza” di Cristina Roccia , tratto da C. Roccia, Riconoscere ed ascoltare il trauma, Angeli, 2001.

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Cos’è l’abuso ritualistico?

Da oltre trent’anni in tutto il mondo vengono segnalati casi di abusi di tipo ritualistico ai danni di bambini e di adolescenti. Sono ormai centinaia le persone che hanno dichiarato di aver dovuto sottostare ad abusi sessuali durante riti satanici, partecipare ad omicidi di neonati o bambini durante messe nere, a false sepolture in cimiteri o chiese.

Hill e Goodwing nel 1989 hanno condotto una ricerca su numerosi soggetti adulti che dichiaravano di essere sopravvissuti a violenze e torture ritualistiche. Hanno poi paragonato i loro racconti ai documenti storici della pre-Inquisizione che descrivevano il satanismo e le pratiche sataniche, compilando una lista di undici elementi dei rituali satanici. Sono emersi i seguenti elementi: 1) riti notturni intorno ad un tavolo speciale o ad un altare; 2) orge rituali comprendenti incesto, omosessualità e rapporti anali; 3) imitazione e rovesciamento della messa cristiana; 4) rituali con utilizzo di sangue, urina, escrementi, liquido seminale; 5) sacrifici di embrioni umani e di bambini, spesso con l’utilizzo di coltelli seguito anche da riti di cannibalismo; 6) rituali con utilizzo di animali; 7) rituali con utilizzo di torce e candele; 8) canzoni inneggianti al demonio; 9) assunzione di droghe o pozioni; 10) danze, o altri rituali, in circolo; 11) smembramento dei cadaveri e estrazione del cuore.

Le resistenze emotive a credere a tanto orrore

Per un bambino vittima di abuso sessuale rompere il silenzio che circonda la violenza con una narrazione efficace e adeguata è un’operazione conflittuale e complessa che richiede molto tempo, in genere mesi, non di rado anche degli anni dal momento in cui l’abuso è stato scoperto (Foti, 1998). Non è assolutamente detto che la vittima si disponga ad una narrazione spontanea dell’abuso sessuale subìto, e tutto ciò è particolarmente vero quando ci si trova di fronte a violenze della gravità di quelle sopra riportate. Tali reati sembra che vengano coperti dal silenzio per molto tempo non solo per vergogna o senso di colpa, come accade di solito alle vittime di incesto, ma soprattutto per la paura di ritorsioni da parte degli abusanti (vero e proprio terrore di essere uccisi) e per la paura di non essere creduti e scambiati per pazzi (e di conseguenza non protetti). E’ indispensabile da parte dell’operatore sia un atteggiamento emotivo e relazionale adeguato a permettere lo sviluppo della narrazione dell’abuso alla presunta vittima, naturalmente senza condizionarne la testimonianza, sia una competenza clinica che gli consenta di individuare tempestivamente eventuali indicatori di violenze così particolari. Non meno importante è la disponibilità emotiva dell’operatore a credere all’esistenza di tanto orrore. Può essere a questo proposito interessante citare il pensiero conclusivo dell’articolo di K. Lanning sulla rivista Child Abuse and Neglect (1991): “Finché non verranno trovate le prove di quanto le vittime dichiarano, il pubblico non può essere pronto a credere che bambini vengano uccisi e mangiati, o che numerosi bambini scomparsi in America siano stati uccisi nei sacrifici umani. Nulla però prova che questi omicidi non si siano verificati”.

Che forme di ritualità sadiche e distruttive attuate da genitori nei confronti dei figli siano da sempre esistite nella comunità umana è ipotizzabile a partire dalla stessa Bibbia, testo di cui non si può escludere un qualche valore storico e culturale, come possibile rappresentazione di alcuni comportamenti e atteggiamenti dell’epoca. Già la Bibbia infatti parlava di abusi rituali in cui i genitori uccidevano e mangiavano i loro bambini (Libro della Sapienza, versetto 12): “… erano pieni di malvagità: si davano alla magia e ai riti infami, sacrificavano i loro figli senza pietà e facevano banchetti di carne e sangue umani. Ma tu hai colto sul fatto chi praticava questi riti sconci e per mezzo dei nostri antenati hai voluto distruggere quei genitori che uccidevano i figli indifesi...”