L’AFFOSSAMENTO DELLO IUS SOLI: UNA VITTORIA DELL’ADULTOCENTRSIMO

L’AFFOSSAMENTO DELLO IUS SOLI: UNA VITTORIA DELL’ADULTOCENTRSIMO

Articolo originale su: www.rompereilsilenziolavocedeibambini.it

L’affossamento della legge sullo ius soli – al di là dei giochi politici che lo stanno determinando – è una vittoria di ciò che noi chiamiamo adultocentrismo, visione del mondo e comportamento degli adulti che risponde ad una negazione o grave dimenticanza dei bisogni dei bambini e degli aolescenti.

I bambini e i ragazzi di origine straniera da sempre in Italia  ma che sono italiani dal punto di vista della lingua e dell’adattamento alla nostra cultura sono privati del diritto di cittadinanza e sono costretti a sperimentare penosi vissuti di diversità rispetto ai coetanei, vissuti  che  si aggiungono alle problematiche psicologiche, sociali, economiche  e familiari della loro crescita e del loro inserimento  sociale.

Racconta Christian Raimo (https://www.internazionale.it/bloc-notes/christian-raimo/2017/10/11/ius-soli-cittadini-scuola): “Una studentessa cinese di qualche anno fa, anche lei senza diritto di cittadinanza, viveva in Italia da cinque anni e aveva idee molto più elaborate di me su cosa significasse oggi un’identità legata a un mondo in grande trasformazione: ‘Io mi sento cinese in Italia, e italiana in Cina’ ”.

La mancanza di una legge sulla cittadinanza impone una frattura nel gruppo classe, contraddice l’impegno enfatizzato da molte norme e dichiarazioni sulla scuola come comunità educativa, rende assurdo tutto il lavoro didattico sull’ “educazione alla cittadinanza”, un’educazione dove  si insegna ai ragazzi ad essere persone responsabili e corrette e li si sollecita ad identificarsi in una comunità sociale, che poi nega loro il diritto di essere cittadini.

L’incoerenza è un grave disvalore educativo. Da dieci anni  una Raccomandazione del parlamento europeo fatta propria dal ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (Miur), invita a lavorare nelle scuole alla costruzione delle competenze chiave di cittadinanza. Le ‘Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione’, che sono legge dello stato dal novembre 2012, titolano un paragrafo ‘per una nuova cittadinanza’. La parola cittadinanza rinvia ad un “vincolo di appartenenza di un individuo a uno stato, che comporta un insieme di diritti e doveri”.

Dunque il messaggio che la comunità sociale da ai ragazzi stranieri che vivono in Italia è il seguente: “Un conto sono i principi, un conto sono i fatti: voi dovete imparare tutto della cittadinanza, ma voi non siete cittadini!”

Conclude Lorenzoni: “Io non posso accettare di avere in classe ragazzi cittadini e ragazzi che cittadini non saranno mai. È per un motivo educativo e perfino didattico che mi ribello alla non cittadinanza, perché quella condizione mina alla base il mio mestiere”  https://www.internazionale.it/opinione/franco-lorenzoni-2/2017/09/18/insegnanti-appello-ius-soli

Peraltro la legge sulla cittadinanza italiana per gli stranieri nati in Italia  è una legge moderata, timida rispetto a molti altri paesi europei, in ogni caso rispettosa di principi sociali ed educativi fondamentali. Non prevede esattamente uno ius soli, cioè il diritto ad acquisire la cittadinanza per tutti quelli che nascono sul territorio italiano, bensì afferma uno ius soli temperato, prevede cioè che possano ottenere la cittadinanza italiana i bambini stranieri nati in Italia che abbiano almeno un genitore in possesso del permesso di soggiorno permanente o del permesso di soggiorno europeo di lungo periodo.

La nuova riforma – che poteva essere finalmente approvata dal parlamento  e che rischia invece di essere rinviata alla  prossima legislatura con un azzeramento dell’iter legislativo – introduceva inoltre uno ius culturae cioè consentiva di ottenere la cittadinanza, entro due anni dal raggiungimento della maggiore età,

anche a chi nato in Italia o arrivato qui prima di compiere dodici anni che avesse frequentato regolarmente la scuola per almeno cinque anni o che avesse seguito percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali idonei a ottenere una qualifica professionale.