06 Nov L’altra pelle
Mi chiamo Ines. Le invio un mio scritto che riguarda la rielaborazione di un abuso subito sotto chiave di racconto. Sarei molto felice se mi sapesse dire cosa ne pensa. È uno dei lavori che ho fatto in terapia: è quindi un materiale che ha ricevuto il mio terapeuta. Lo legga e poi mi dica cosa ne pensa.
L’altra pelle
Un giorno iniziai un viaggio
un viaggio in luoghi lontani
un viaggio alla ricerca
alla ricerca di pace
una pace vera in un viaggio sola.
Sola nel vorticoso passare degli eventi.
Sola
sola in un segreto mai rivelato
e il dolore immenso
e il caos in me
Il mio voler controllare gli eventi
ma questo è un dolore troppo grande.
E pensare di aver costruito la mia vita
su queste fondamenta di merda
eppure aver generato una perla
eppur aver generato un’altra perla.
E così difficile.
Ma quando mi risveglio da questo incubo?
È il testo di una poesia che scrissi dopo una lunga anzi lunghissima notte tempestata da incubi. Sono passati parecchi mesi da quella notte e me la ricordo ancora bene. Cominciò tutto con un sogno ed io, serena, mi lasciai trasportare, ma poi piano, piano, si trasformò nella paura più vera. Ricordo però, che a differenza delle volte precedenti, quella volutamente (sempre se si possa parlare di volontà) non la controllai, la lasciai così. Lasciai che l’incubo invadesse il mio corpo. Lasciai che mi schiacciasse: volevo vedere in faccia il vero terrore. Quel terrore che mi aveva immobilizzato più e più volte nella vita. Perché eri tornato? Avevo sei anni quando iniziasti a tormentarmi e la mia forza nel combatterti è rimasta stessa sempre: totalmente in balia di te. I sogni classici di tutti i bambini si sgretolavano contro una realtà troppo dura per la bambina che ero. Non sognai più per anni. Poi ritornava, quell’incubo ossessivo. Ogni volta mi adulava, mi corteggiava e incestuosamente si impossessava di me e io tentavo una fuga inutile quanto mai assurda. Oltre la porta lo trovavo sempre lì, in agguato pronto a minare quelle poche certezze che faticosamente mi cucivo addosso, rattoppando alla meglio ciò che rimaneva del mio corpo. Dopo ogni battaglia, rimanevo in piedi per la corazza che riuscivo, nonostante tutto, a costruire attorno a me, mentre il mio corpo marciva…… Solo ora lo riprendo in mano e nella lucidità del giorno, l’incubo cambia forma, cambia pelle e mi rivela un’altra me. Il sogno:
“Mi trovavo in un campeggio. Avevo circa tredici anni. Montammo le tende a semicerchio. Per prime c’erano le tre tende delle ragazze a seguire le altre tre dei ragazzi. Era stata una giornata dura e ci preparavamo per la notte. In tenda con me c’erano mia sorella e altre due mie amiche, e la responsabile del gruppo. Erano così organizzate anche le altre due tende delle ragazze. Quelle dei ragazzi erano molto più “popolate”, se entravi nella tenda vedevi solo sacchi a pelo e ne potevi contare una decina. Tra loro c’era pure uno dei miei fratelli. Dormivamo tutti beatamente. All’improvviso un urlo. Mi trovai tutta sudata…..il sacco a pelo che mi avvolgeva mi stava soffocando. Si era attaccato a me e mi modellava e io non sapevo oppormi. All’inizio tentai di divincolarmi, ma più mi muovevo e più quella strana pelle aderiva al mio corpo. Provai ad urlare, mi si paralizzò la bocca, e dovetti stare ferma infiniti minuti, per poter ritornare alla posizione originaria che mi permetteva almeno di poter muovere le labbra. Allo stesso tempo, una voce mi diceva di andare a salvare mio fratello. Uscì dalla tenda arrivai nella sua. Entrando vidi venti, trenta corpi ammassati uno sull’altro e non riuscivo a riconoscerlo. Ne scavalcai parecchi. Sembravano senza vita ma delle mani mi afferrarono i piedi e mi tirarono giù. Fui travolta da parti dei corpi che si muovevano e che mi volevano. E non per essere salvati, ma per soddisfare i loro piaceri più intimi, incuranti di come stavo io. Io in preda ad un grosso pianto urlai con tutta la forza che potevo, nulla, nessun suono usciva dalla mia bocca e mi lasciai andare. In quel preciso momento una forza che non conoscevo si impossessò di me e mi trasformai. Strappai i vestiti di chi mi capitava, mi lasciai schiacciare dai loro corpi. Quella tenda si trasformò in una serra gigante: vetri enormi ci circondavano e fuori centinaia di visi schiacciati e incuriositi rimanevano rapiti da ciò che vi accadeva all’interno. Ci furono momenti, istanti di godimento e piacere davvero violento e talmente coinvolgente che mi sentì penetrare da tutti. Il mio corpo si modellava a ciò che gli si mostrava davanti. Dopo questi lunghissimi instanti, mi ricordai di mio fratello, arrivai ma era già morto, scappai via temevo che si trasformasse in uno dei tanti. Tornai nella mia tenda rientrai nel mio sacco e mi abbandonai totalmente a quella mia seconda pelle. Andai da mia sorella, per raccontarle ciò che era successo. Ma quella che parlava era un’altra me che felice raccontava di un’avventura eccitante e fantastica. Nel mio intimo però c’era un io che urlava, imprecava per quello che avevo appena vissuto, ma era un urlo sempre più sordo che nessuno sentiva, con il tempo non lo sentì nemmeno io. Quell’io era marcito per sempre”
La mattina seguente al sogno: ero spaventatissima, il cuore continuava a battere a mille. Avevo scoperto ciò che mi terrorizzava: ero io. O meglio era una parte di me che nella violenza subita aveva comunque provato piacere. Se non lo avessi provato sarei morta, invece ero lì in carne ed ossa. Era il prezzo che avevo dovuto pagare. Quella che si era lasciata andare nel sogno, nelle violenze, faceva parte di me, non era un’altra, ero proprio io, proprio io, proprio io. Piansi e strappai pagine di diario che avevo scritto da piccola, pieni di interrogativi di accuse verso chi aveva abusato di me. Buttai via tutte le foto che trovavo e corsi fino alla spiaggia. Era inverno faceva freddissimo, mi arrestai di colpo davanti a quel mare enorme…………. Lanciai un sasso e un urlo liberatorio: “Bastardi!” ne lanciai un altro: “Vi odiooooo!” e un ultimo ancora più accorato ma allo stesso tempo più calmo e con un nuovo interrogativo: “Adesso ti vuoi bene?”
Io quella parte di me la odio.