L’ARTE, I BAMBINI, LE EMOZIONI E VAN GOGH di Elisa Calia

L’ARTE, I BAMBINI, LE EMOZIONI E VAN GOGH di Elisa Calia

“Tutti i bambini sono degli artisti nati: il difficile è restarlo da grandi” (Pablo Picasso) L’arte è dentro ognuno di noi, sviluppata in forme diverse, ma ugualmente presente. Il difficile sta nel ricordarselo una volta cresciuti, quando il peso delle responsabilità e della vita adulta si fa spazio dentro di noi. L’artista è colui che in qualche modo, invece, riesce a ricordarselo e a farlo proprio, a renderlo espressione concreta e, soprattutto, libera. Ciò che accomuna tutti gli artisti, di qualunque genere o forma d’arte essi trattino, è l’emozione. Chi più chi meno, ogni artista entra in contatto profondo con il proprio vissuto emozionale e ne fa un atto di creazione.

Van Gogh in questo fu maestro: post-impressionista prima e divisionista poi, non si diede quindi una definizione precisa nelle sue opere. Esse erano semplicemente lo specchio della sua anima, con i suoi tormenti e le sue vicissitudini. Si dedicò alla pittura solo nei suoi ultimi dieci anni di vita, in cui verrà colto da quella che fu definita una “malattia mentale”, rimasta sconosciuta sia nelle cause che nell’entità e che modificherà la percezione della realtà dell’artista e ne modellerà la restituzione su tela. Il passaggio al divisionismo è ciò che più vividamente segna tale modellamento: tratteggi minuziosi, numerosi, ostinati, nettamente in distacco dalla pennellata fluida e continua tipica dell’arte impressionista.

La capacità dell’artista di rievocare le emozioni attraverso il dipinto in maniera tanto nitida si evince già dall’opera ” I mangiatori di patate”, in cui la vena espressiva raggiunge un livello elevato e permette di percepire, quasi come un concreto tocco di mano, la condizione di disagio e di povertà che l’autore stesso aveva avuto modo di conoscere in prima persona: i colori sono scuri e tetri ed è presente una deformazione dei volti e dei corpi. Il tutto descrive al meglio la sensazione di triste inquietudine sia dell’artista di fronte alla scena, sia della scena stessa.

La tela però che rispecchia l’apice emozionale di Van Gogh è il capolavoro suo ultimo, dipinto all’aperto, ” Campo di grano con volo di corvi”. La malattia si è fatta strada e ha raggiunto un punto di non ritorno, il tratteggio diventa un divisionismo esasperato, che dipinge una tempesta in arrivo, una catastrofe naturale che Van Gogh, in quanto uomo, in quanto limite, in quanto fragilità, è consapevole di non poter controllare. E’ una disperazione colma di paura e frenesia, che precede di pochi attimi la sua morte: si ucciderà infatti subito dopo, di fronte alla sua tela, nel turbinio emozionale e confuso al quale non era riuscito a dare significato.van-gogh-700604_640

Van Gogh è rimasto vivo nella memoria del tempo perchè artista emozionale ; uomo dal vissuto poco comune e dalla grande capacità di guardarsi dentro, scoprì una parte di sè a cui riuscì a dare forma concreta, ma da cui non potè fare a meno di lasciarsi sopraffare. In un mondo affaticato, in cui l’emozione perde concretezza e l’arte ne coglie le conseguenze, nel quale si perde sempre più di vista il contatto con le proprie sensazioni ed emozioni, quasi fossimo immersi in un flusso di apatia collettiva, la storia di Van Gogh, come quella dei molti altri artisti mai vissuti e che mai vivranno, crea contrasto, ma allo stesso tempo ci dice che le emozioni sono tangibili, esprimibili, a volte incontrollabili, ma che sopra ogni cosa esistono, sebbene molto spesso ce ne dimentichiamo.

Elisa Calìa

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