L’ascolto della sessualità dei bambini e degli adolescenti tra imbarazzo e intelligenza emotiva

L’ascolto della sessualità dei bambini e degli adolescenti tra imbarazzo e intelligenza emotiva

 

tratto da

L’ascolto più difficile. Sessualità, abuso, trauma, lutto, malattia, aggressività, conflitto, guerra,

Dispensa del Centro Studi Hansel e Gretel n° 19

a cura di Claudio Foti

 

Domande imbarazzate, ascolti imbarazzati

È l’imbarazzo l’atteggiamento più diffuso degli adulti nell’ascolto della sessualità del bambino e dell’adolescente. L’imbarazzo è un vissuto emotivo complesso. Da un lato condivide con la vergogna la preoccupazione per lo sguardo altrui e per un’immagine del Sé, che deve essere tutelata di fronte al rischio di essere messa in discussione. D’altro lato l’imbarazzo è l’emozione conflittuale di una persona che non sa che fare, che vorrebbe conformarsi alle norme dell’ambiente e ha l’ansia di infrangerle. È il vissuto di un soggetto che vorrebbe essere all’altezza della situazione, ma teme di non farcela.

L’etimologia della parola imbarazzo (dallo spagnolo in barra, in sbarra) rinvia a qualcosa che attraversa o che ostruisce il passaggio, che impedisce l’azione. Inizialmente il termine significa ingombro dovuto alla presenza di un oggetto voluminoso o di un peso che ostacola il movimento. In epoca più recente compaiono i significati di compito sgradevole oppure preoccupazione e inquietudine. A partire dal secolo scorso si diffonde l’uso di questo termine nell’accezione di difficoltà economica oppure, in un ambito più legato alla dimensione corporea, nell’accezione di peso, di espressione eufemistica per mestruazione, di imbarazzo, appunto, di stomaco.

Dunque la sessualità, massima posta in gioco dell’esistenza umana, appagamento di piacere fisico e mentale, promessa straordinaria di realizzazione e di intimità, si trasforma paradossalmente in un ostacolo che crea incertezza e paralizza l’ascolto e la comunicazione. La sessualità diventa per gli adulti qualcosa di particolarmente imbarazzante, quando i soggetti in età evolutiva si avvicinano anche loro – com’è inevitabile, facendo parte di una specie sessuata – agli aspetti multiformi della sessualità. L’educazione sessuale diventa così per l’adulto un compito difficile e sgradevole.

L’imbarazzo ha sempre a che fare con l’incertezza: l’adulto, da un lato non può negare del tutto l’esistenza della realtà sessuale nell’età evolutiva, dall’altro prova disagio ed è tentato di rifiutarla. In conseguenza di tale ambivalenza l’adulto tende inoltre a prendere tempo e ad assumere un atteggiamento di rinvio, sia sul piano familiare che su quello istituzionale. Quando i genitori delle passate generazioni non sapevano cosa rispondere alle domande difficili dei figli sulla tematica sessuale ricorrevano senza troppi indugi alla cicogna, al cavolo, o alla risposta “te lo spiegherò quando sarai grande”, risposta che scoraggiava qualsiasi ulteriore domanda. Gli stili educativi potevano differenziarsi a seconda di diverse variabili: il contesto sociale, i modelli religiosi, il genere sessuale dei figli (profondamente diverso era l’atteggiamento verso i figli maschi rispetto alle figlie femmine …) . Ma ciò che accomunava i diversi stili educativi era il fatto che tra genitori e figli, insegnanti ed allievi, la sessualità non poteva accedere alla parola, al confronto, al dialogo educativo. La sessualità prima o poi, in forme regolari o trasgressive, finiva per essere agita sulla base del principio ben sintetizzato dal ritornello di una canzone di alcuni decenni fa: “Si fa, ma non si dice”.

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La comunicazione in tema di sessualità fra adulti e bambini

Come possiamo pensare che i minori siano completamente ciechi e sordi agli stimoli che continuamente ricevono in una società come la nostra, dove il sesso imperversa sui cartelloni pubblicitari, sui giornali, in televisione e – in forme spesso massicce e facilmente accessibili – su Internet? Certamente genitori ed insegnanti potranno cercare di proteggere i bambini da messaggi non adatti alla loro età, ma non riusciranno mai ad impedire completamente che i ragazzi entrino in contatto con un mondo, investito da trasformazioni profonde nella rappresentazione della sessualità, trasformazioni che da un lato generano conseguenze liberatorie e liberalizzanti, dall’altro stimolano una visione unilaterale della sessualità come attività concentrata sul desiderio fisico e narcisistico dell’individuo, come terreno per esprimere e misurare il potere narcisistico e relazionale degli individui.

Senza riferirci ai films per adulti trasmessi in fasce orarie preserali o alle cassette pornografiche vendute dal giornalaio (che un genitore può forse con un po’ di attenzione impedire ai figli di vedere o comprare), ormai anche nelle pubblicità i messaggi espliciti e impliciti sulla sessualità sono all’ordine del giorno. Oltre alle pubblicità di profumi, bagnoschiuma e preservativi che propongono corpi nudi di donne e uomini e riferimenti continui alla sessualità, gli esempi in cui gli stessi bambini sono i protagonisti di spot pubblicitari con riferimento alla sessualità sono numerosissimi.

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Accettazione e comunicazione di fronte ai temi sessuali

Per permettere ai figli, agli allievi, ai minori in carico di vivere in modo sereno la propria sessualità occorre costruire una relazione adulto/minore in cui il secondo si senta libero di essere veramente se stesso, di fare domande ed esprimere dubbi in campo sessuale; occorre in altri termini dimostrare ai bambini che l’adulto è disponibile a offrire loro un ascolto caratterizzato dall’accettazione incondizionata di ciò che essi vogliono comunicare (ascoltando anche ciò che non vorremmo sentir dire ai bambini). Solo dopo aver assunto col minore questo atteggiamento di accettazione nei confronti di sentimenti, desideri, ansie, curiosità, difficoltà, l’adulto potrà intervenire per correggere eventualmente idee o convinzioni errate in campo sessuale e per aiutare bambini e ragazzi a superare gli inevitabili momenti di smarrimento o di malessere. Se l’adulto non riesce ad ascoltare non riuscirà neppure a farsi ascoltare.

Spesso i genitori incominciano a preoccuparsi della sessualità dei propri figli quando questi ultimi entrano nell’adolescenza ed il problema si fa più urgente. Con sorpresa essi si accorgono che in molti casi i ragazzi respingono il loro aiuto, a volte rifiutando anche il dialogo su tali argomenti che considerano personali e come tali non condivisibili con l’adulto. In realtà questo stupore non avrebbe nessuna ragione di esistere se i genitori riuscissero ad essere più consapevoli del tipo di messaggi sulla sessualità che essi hanno trasmesso ai propri figli durante l’infanzia: messaggi spesso caratterizzati da una posizione di non accettazione e più precisamente da atteggiamenti di banalizzazione, di rimozione o rinvio del problema, di rifiuto della sessualità infantile. Queste modalità comunicative possono creare nei figli una radicale sfiducia nella possibilità di riuscire ad avere un dialogo utile con i genitori in campo sessuale. Il mancato ascolto e il fraintendimento dei segnali concernenti la sessualità inviati dai bambini e dai ragazzi compromettono quindi qualunque tipo di intervento didattico-educativo in ambito sessuale.

La comunicazione fra adulto e bambino ovviamente è bidirezionale: l’adulto infatti non è solo il ricevente dei messaggi infantili, ma è contemporaneamente emittente di atteggiamenti, programmi, codici che possono essere di accettazione o di rifiuto della sessualità. Spesso gli educatori comunicano ai bambini informazioni relative alla sessualità senza rendersene conto. La comunicazione extra-verbale per esempio (postura del corpo, tono della voce, distanza fra emissario e ricevente, sguardo, tendenza ad avvicinarsi oppure a sfuggire ad un argomento etc.) trasmette una quantità infinita di messaggi. Molte volte fra comunicazione verbale ed extra-verbale si verifica una discrepanza, ad esempio quando l’insegnante afferma che il sesso è un cosa bella e positiva, ma la sua voce trema, è adirata, o il suo sguardo comunica rabbia o preoccupazione. Questo doppio messaggio confonde il bambino, che può sentirsi disorientato oppure tende a recepire solo il messaggio extra-verbale di segno negativo (più facilmente comprensibile e di maggiore risonanza emotiva).

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Imparare ad ascoltare la sessualità dei minori

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I genitori, gli insegnanti e gli educatori non trasmettono volontariamente messaggi nocivi e confusivi in materia sessuale ai figli o agli allievi; spesso essi non fanno altro che riproporre sui ragazzi a loro affidati, inconsciamente, gli stessi modelli educativi e mentali con i quali sono stati a loro volta educati o dei modelli che rappresentano in forme estreme e rigide il rovesciamento degli schemi patiti nell’infanzia.

Per evitare che gli educatori trasmettano ai bambini messaggi diseducativi su tematiche sessuali occorre che i primi riescano, almeno in parte, ad elaborare i propri conflitti personali nei confronti del sesso, in modo da rendere espliciti e consapevoli i messaggi da inviare al minore ricevente. Naturalmente questo non è sempre un compito facile. Tutti infatti prima di essere genitori, insegnanti, operatori minorili sono stati a loro volta bambini, figli, allievi, e di conseguenza hanno ricevuto un certo tipo di modello mentale che condiziona nel presente il loro modo di essere educatori. È importante, come primo e fondamentale punto di partenza per imparare a rapportarsi in modo positivo alla sessualità dei bambini e dei ragazzi, che gli adulti prendano coscienza dell’insieme dei messaggi che tendono a trasmettere ai figli o agli allievi, che riflettano sul proprio comportamento non considerandolo aprioristicamente corretto. Questo significa però aprire nel mondo interno una prospettiva di pensiero, mettere in discussione i modelli di riferimento proposti come indiscutibili dai propri genitori, percepire e comprendere la sofferenza che quei modelli educativi hanno potuto provocare nella propria infanzia e nella propria adolescenza . Significa dunque imparare ad ascoltare in primo luogo se stessi.

Ascolto ed educazione sessuale

In un spot di pubblicizzazione di una seguitissima trasmissione televisiva d’attualità politica una bambina mette in difficoltà i suoi genitori con tre domande: “Come nasce un bambino? Come nasce una bambina? Cosa fate quando siete soli?” Le tre risposte dei genitori sono le seguenti: “Sotto il cavolo!”, “La porta la cicogna!”, “Stiriamo!” Le domande dei bambini sono sempre le stesse ed in qualche misura rimane invariato l’imbarazzo che continua a contraddistinguere l’atteggiamento adulto verso la sessualità.

Scrive Alice Miller: “Perché mai un bambino non dovrebbe interessarsi al fatto che esistano due sessi diversi, a come sono fatti la madre, il padre e i fratelli, al modo in cui vengono al mondo i bambini, a come il bambino entri nella pancia della mamma, a come padre e madre siano uniti anche fisicamente ecc.? Se per gli adulti tutte queste domande sono già collegate a esperienze sessuali, per il bambino invece non lo sono affatto. Esso pone i suoi quesiti senza provare alcun imbarazzo e leggerà soltanto questo sentimento negli occhi dell’adulto”.

Da dove nasce dunque l’imbarazzo dell’adulto che rischia di trasmettersi alle nuove generazioni? L’imbarazzo in questione è un mix d’incertezza, inadeguatezza, colpa, vergogna. Quando un adulto è sollecitato all’ascolto e al dialogo sulle tematiche sessuali dalle domande, dalle comunicazioni o dai comportamenti relativi alla sessualità dei bambini, è inevitabilmente chiamato a confrontarsi interiormente con la propria vita sessuale, nella quale ha accumulato spesso frustrazioni, delusioni, insuccessi o addirittura traumi.

L’adulto aveva delle aspettative sulla propria sessualità che molto spesso non si sono realizzate o non si sono realizzate pienamente. Spesso inoltre l’adulto è lacerato da conflitti e tensioni: non è ancora riuscito ad elaborare un’idea stabile ed equilibrata della propria vita affettiva e sessuale e talvolta non ha ancora definito i confini del lecito e dell’illecito rispetto alla propria vita sessuale. Inoltre può vivere desideri rispetto a cui si sente in colpa e può avere dei comportamenti che non risultano ai suoi occhi ottimali o soddisfacenti. È più che comprensibile che di fronte all’impatto con la sessualità emergente dei bambini e degli adolescenti l’adulto, facendo i conti con la propria sessualità, reagisca in modo conflittuale ed imbarazzato.

Per un ascolto aperto e costruttivo della sessualità del bambino non è necessario che l’adulto abbia una vita sessuale ed affettiva assolutamente felice e priva di deficit o di problemi, quel che conta è che sia avvenuta una qualche rielaborazione critica e consapevole dei modelli educativi ricevuti in materia sessuale e si sia sperimentata una vita affettiva e sessuale sufficientemente apprezzata nei lati e nei momenti positivi e sufficientemente accettata nei suoi limiti. Solo così si potrà evitare di scaricare sulle generazioni emergenti l’invidia per ciò che non c’è stato o la rabbia per ciò che si è subito o il senso di colpa per ciò che s’è desiderato.

L’ascolto e il dialogo in materia sessuale devono caratterizzarsi per una posizione aperta ed empatica nei confronti delle curiosità e dei dubbi dei bambini. Gli adulti devono sapersi identificare con il bisogno di piacere e di realizzazione individuale attraverso la sessualità e attraverso l’affettività e nel contempo per un atteggiamento di fiducia nei confronti della relazione interpersonale e della comunicazione tra le persone in materia sessuale. L’educazione sessuale va intesa come un aspetto di un’educazione più vasta a sviluppare l’intelligenza emotiva e l’intelligenza sociale dei bambini e degli adolescenti: si tratta di aiutare i soggetti in età evolutiva a sperimentare la dimensione pensabile e dicibile della sessualità umana, senza per questo pretendere di esaurirne gli aspetti affettivi e pulsionali, che al contrario potranno essere vissuti in modo più pieno e arricchente se i giovani impareranno a costruire attraverso la comunicazione le premesse di negoziazione, di consenso, di costruzione di significato dell’attività sessuale.

Si tratta di far crescere l’autoconsapevolezza e nel contempo l’autocontrollo in ambito sessuale, saper riconoscere e mettere in parola all’occorrenza le proprie sensazioni, i propri desideri, i propri sentimenti, le proprie difficoltà ed ansie per imparare a comprendere e a rispettare le sensazioni, i sentimenti, i desideri, le difficoltà e le ansie altrui.

La pulsione sessuale, in quanto tale, ha una sua prospettiva che prevede una qualche forma di oggettivazione del partner per favorire l’eccitazione, ma la relazione sessuale per essere significativa e vitale deve necessariamente introdurre elementi di riconoscimento e di rispetto reciproco, sviluppando così un’ottica dialogica e relazionale. Come già affermava Musatti: “Questo uscire dalla tentazione egoistica dell’attività sessuale, per rendersi consapevoli dell’altro (…) si ottiene soltanto quando si realizzi una fusione ed una armonia tra gli elementi corporei e gli elementi spirituali dell’amore”.

L’ascolto e il dialogo in materia sessuale possono essere così orientati al rispetto della dimensione corporea del piacere e nel contempo ad un’etica sessuale centrata sul rispetto della persona, “una moralità basata sul senso di responsabilità verso se stessi e verso gli altri, una moralità senza cupezze, che valorizza il corpo, il desiderio, l’amore , lo scambio. Nulla le è più estraneo dell’intransigenza formale che fa ricorso allo sdegno, al peccato e alla colpa, prima di capire , prima di comprendere”.

Note

1. Alcuni capitoli di questo testo riprendono e aggiornano i contenuti di un articolo di C. Roccia, L’ascolto della sessualità dei minori del 1992 a cui ho collaborato (in C’era un bambino che non era ascoltato, Centro Studi Hansel e Gretel).

2. Cfr. V. D’Urso, R. Trentin, Sillabario delle emozioni, Giuffré, 1992.

3. M. Cortelazzo, P. Zolli, Nuovo dizionario etimologico della lingua italiana, Zingarelli, 2010.

4. Cfr. E. Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine, Feltrinelli, 1981.

5. C. Roccia (1992), Sessualità: genitori e figli a confronto, in C. Foti (a cura di), Chi educa chi?, Unicopli, Milano.

6. Cfr. A. Miller, Il bambino inascoltato, (1981), Boringhieri Torino, 1989, p. 165.

7. Cfr. S. Mitchell, Prospettive relazionali in psicoanalisi, Boringhieri, 1993.

8. C. Musatti, Educazione sessuale (1967), in Libertà e servitù dello spirito, Boringhieri, Torino, 1971.

9. S. Vegetti Finzi, M. Castellazzi, Educazione sessuale e psicoanalisi, Laterza