18 Lug L’ASCOLTO EMOTIVO ED EMPATICO DEI GENITORI (parte seconda) di Claudio Foti
1. Contro la solitudine e la sfiducia
Il Servizio d’ Ascolto per gli studenti è un grande investimento contro la solitudine che caratterizza la condizione di molti preadolescenti ed adolescenti che si trovano spesso in famiglia ( e nelle altre istituzioni educative ) una grande barriera alla comunicazione del disagio. Preadolescenti ed adolescenti s’imbattono quotidianamente con atteggiamenti di genitori ed educatori, caratterizzati dalla fretta, dall’affanno, dall’ansia di prestazione, dalla tendenza giudicante, piuttosto che dalla disponibilità all’ascolto.
Nelle nostre famiglie (e nelle nostre istituzioni) si parla poco di sentimenti. Tutto ciò che riguarda il disagio, o la relazione interpersonale, che riguarda la violenza, la sessualità, la morte, la malattia, l’handicap, il conflitto (anche fra i genitori), spesso è mascherato massicciamente e non è fatto oggetto di un dialogo sincero e costruttivo tra le generazioni. Spesso queste tematiche, per le forti connotazioni emotive che possono sollecitare, sono addirittura negate o tabuizzate. Questo silenzio produce situazioni problematiche, comportamenti conflittuali o violenti, che si possono riversare nella scuola, passaggi all’atto che danneggiano l’evoluzione dei figli, la socializzazione, l’apprendimento.
Nelle nostre famiglie e nelle nostre istituzioni, nelle relazioni fra adulti e minori e nelle relazioni tra gli stessi adulti spesso l’accento è posto sulle prestazioni, sulle cose da fare (“fare soldi”, “fare carriera”, “fare i compiti”, “fare le ferie”, “fare la spesa”…), sugli obiettivi da raggiungere: aspetti certamente importanti, ma che è rischioso scindere – come invece succede spesso – dalla dimensione del dialogo, dall’esigenza di comunicazione degli aspetti e dei problemi emotivi in famiglia.
Quando i ragazzi hanno accumulato varie esperienze di delusione e frustrazione del proprio bisogno comunicativo di fronte all’atteggiamento poco aperto e disponibile dei genitori e degli adulti in genere, tendono a costruirsi una corazza fatta di sfiducia e diffidenza nei confronti del mondo adulto, fatta di paura di andare incontro a nuove risposte negative e frustranti alla comunicazione delle proprie difficoltà, delle proprie debolezze, dei propri bisogni emotivi.
I ragazzi tendono così a chiudersi, a negare i propri problemi con atteggiamenti di onnipotenza, di negazione, di sfida o di provocazione, a vivere ansie e conflitti da soli, a rinunciare all’elaborazione mentale e riflessiva dei problemi, cercando di ricorrere a degli agiti, a delle scorciatoie rischiose o sintomatiche (comportamenti di tipo provocatorio, ribellistico, trasgressivo, distruttivo ed autodistruttivo…) per reagire alla incapacità e all’impossibilità di pensare, di comunicare di mettere in parole i problemi.
Il Servizio d’ascolto per studenti parte dal presupposto che se viene costruito un clima di confidenza, di accoglienza, di non giudizio, di disponibilità a dialogare, noi sollecitiamo inevitabilmente i bambini e i ragazzi ad esprimere i motivi del loro disagio, piccolo o grande che sia. É importante sottolineare il fatto che i bambini e i ragazzi hanno voglia di parlare delle più ampie e differenziate tematiche del disagio che li toccano da vicino.
Ovviamente è frequente trovare con il crescere dell’età degli adolescenti atteggiamenti di scherno e banalizzazione nei confronti dei problemi, di chiusura, diffidenza, mutismo selettivo nei confronti degli adulti. Quest’atteggiamento è spesso il risultato di grandi frustrazioni comunicative che si sono sedimentate nella mente dei ragazzi, ma non dimostra certo la loro indisponibilità assoluta e la loro chiusura definitiva alla comunicazione e all’elaborazione dei problemi.
Quando questi adolescenti “chiusi” o “bloccati” incontrano un adulto che assume un atteggiamento di disponibilità empatica e di ascolto non giudicante, possono spesso riuscire a percepire nuovamente quel bisogno (che era stato rimosso, ma non era certo stato soppresso) di apertura comunicativa e di confronto con il mondo adulto. Occorre ricordare che la comunicazione tra adulti e soggetti in età evolutiva nasce primariamente dalla responsabilità dell’adulto e dalla sua posizione di disponibilità all’ ascolto. Più in generale la comunicazione prende avvio non dalla bocca di chi parla, ma dall’orecchio di chi ascolta.
La comunicazione è favorita attraverso un atteggiamento competente che evita i giudizi, le interpretazioni, le consolazioni, le spiegazioni razionali, i consigli, i rimproveri formulati in modo precipitoso, come modalità difensiva rispetto all’ascolto accogliente e alla condivisione empatica delle comunicazioni del ragazzo. Thomas Gordon ha elencato ben dodici forme di interventi scorretti che costituiscono vere e proprie barriere all’ascolto, ostacolando, bloccando o addirittura distruggendo l’intento comunicativo del bambino o dell’adolescente.
In quest’ottica è fondamentale la competenza emotiva ed empatica dello psicologo che gestisce il Servizio d’ascolto per studenti.
Se noi diamo ai ragazzi la possibilità di esprimersi, aiutandoli a parlare dei loro sentimenti e dei loro disagi, con un ascolto che dia tempo, accettazione e disponibilità, possono emergere nei nostri interlocutori grandi e positive risorse comunicative ed elaborative, inimmaginabili sulla base dei precedenti atteggiamenti difensivi o provocatori dei ragazzi.
L’ascolto è la grande risorsa della prevenzione, che permette la rielaborazione del disagio e del maltrattamento. Un ragazzo che vive una situazione di disagio, di solitudine, di depressione o addirittura di violenza ha dentro di sé una grande ed insopprimibile voglia di comunicare, anche se, nei casi peggiori, in molti luoghi della sua mente ha perso fiducia in sé stesso, nel futuro, nel mondo degli adulti circostanti e nella stessa possibilità di comunicare. La voglia di comunicare tuttavia è una tendenza psico-biologica degli esseri umani: può essere scoraggiata e frustrata, ma non può essere cancellata dalla mente umana. Anche il bambino o il ragazzo più disperato può forse ritrovare una speranza di comunicare a fronte di un coerente atteggiamento di disponibilità all’ascolto. Vale la pena ricordarci che quando noi adulti stiamo male e non parliamo, spesso non è perché non vogliamo affatto comunicare, ma è perché non ci fidiamo di coloro che ci circondano. Possiamo riscontrare in tutti noi una tendenza psichica profonda a mettere in parola il nostro disagio, purché ci sia l’ambiente o l’interlocutore che, invece di giudicare e pontificare, assuma nei nostri confronti una posizione di vicinanza e di disponibilità: in questo caso ci viene voglia di parlare.
Il Servizio d’ascolto per Studenti vuole dunque essere un luogo di ascolto empatico dove tentare di riattivare il bisogno dei ragazzi di comunicare con gli adulti.
2. Finalità del servizio di ascolto per studenti
Obiettivo principale è accogliere le richieste di ragazzi in difficoltà, prevenendo o rispondendo a situazioni di disagio che possono ripercuotersi negativamente nella vita scolastica e sociale dei ragazzi .
Il Servizio d’Ascolto intende essere uno spazio in cui offrire ai ragazzi la possibilità di far emergere, con l’aiuto di uno psicologo, desideri, conflitti, ansie, dubbi, timori, difficoltà che possono venire in prima istanza accolte, legittimate e condivise, rendendo possibile in un secondo momento l’individuazione di strategie che possano risultare efficaci per la risoluzione dei problemi posti.
Per la realizzazione del progetto verrà utilizzato come strumento elettivo il colloquio individuale e di sostegno. Nei casi in cui lo ritenga necessario il consulente potrà indicare alcune risorse esterne alla scuola, nei Servizi del territorio, che possano fornire al ragazzo un aiuto più specialistico e continuativo.
L’adolescenza è una fase del ciclo di vita in cui il cambiamento è particolarmente intenso e riguarda non solo il corpo ma anche la mente: cambiano velocemente ed intensamente i desideri, i pensieri, le opinioni. Caratteristica comune ai giovani in questa fascia d’età è la fatica a trovare significato e riconoscimento di se stessi e dei propri bisogni e desideri, come pure a proiettarsi in un’identità futura.
L’adolescente si trova a dover affrontare e adempiere a numerosi compiti evolutivi tra cui il principale è proprio quello di integrare le molteplici trasformazioni per costruire una nuova immagine di sé.
Nell’affrontare questi compiti il ragazzo può sentirsi confuso e disorientato; a questa situazione di caos spesso si unisce la difficoltà a comunicare e condividere le proprie esperienze. I genitori diventano infatti figure di riferimento che i ragazzi tendono, proprio in questo periodo, a non prediligere più come “confidenti”. Altri adulti di riferimento possono essere gli insegnanti con i quali però la relazione personale può risultare difficoltosa per l’aspetto di valutazione implicito nel ruolo stesso di docente.
Allo scopo di facilitare lo studente nella comunicazione delle proprie esperienze di crescita e delle proprie difficoltà, si propone dunque la presenza di una figura professionale, come quella dello psicologo, che si ponga come interlocutore adulto esterno al mondo scolastico e familiare, con la funzione di operare un ascolto delle problematiche di cui lo studente è portatore.
Nel suo significato autentico il termine “ascolto” rinvia all’idea di offrire un servizio a qualcuno, manifestando la propria disponibilità soggettiva a ricevere e ad accogliere dentro di sè le comunicazioni sia verbali che emotive che questi ci invia. L’atteggiamento di ascolto è un atteggiamento essenzialmente mentale, che si esprime tuttavia, sul piano verbale, nella disponibilità dialogica e, sul piano extra-verbale, nella postura, nei gesti e nei toni della comunicazione, nella scelta dello spazio, del tempo che dedichiamo all’ incontro, nella possibilità di darvi continuità. L’ascolto si definisce nella capacità di recepire quanto l’altro si sente in quel momento di manifestare.
É molto frequente che come adulti tendiamo ad ascoltare poco gli altri, tendiamo piuttosto a valutare, incasellandoli in alcune categorie che ci detta l’esperienza: in questo caso udiamo solo ciò che conferma i nostri presupposti. Spesso inoltre, nei contatti della vita quotidiana, ascoltiamo solo apparentemente, perché in realtà siamo immersi nei nostri pensieri o distratti dalle nostre preoccupazioni: attuiamo cioè una comprensione superficiale, giocata a livello razionale, magari anche corretta formalmente, ma non per questo capace di garantire empatia e capacità di restituzione significativa al nostro interlocutore che può rimanere solo con il suo problema e con i suoi vissuti.
Talvolta noi adulti evitiamo di avvicinarci con la parola alla situazione esistenziale problematica del minore, perchè temiamo di disturbare, di essere intrusivi, di danneggiare.
In realtà i ragazzi, come del resto gli adulti, hanno un bisogno immane di parlare di sè e dei propri problemi, però si autorizzano a farlo soltanto nel momento in cui si confrontano con un adulto che manifesti la propria disponibilità ad ascoltarli e che cerchi di entrare in sintonia con il loro stato d’animo in tutte le sue risonanze emotive, da quelle negative legate all’aggressività e alla sofferenza, a quelle positive legate alla gioia e al benessere.
Soltanto in presenza di un adulto competente e disponibile all’ascolto il ragazzo si autorizzerà a parlare di sè e delle proprie difficoltà, esplicitando ciò che lo preoccupa, ciò che lo angustia, ciò che gli procura disagio e sofferenza.
Se poi prendiamo in considerazione l’ipotesi estrema che il problema del ragazzo sia conseguenza di un maltrattamento o abuso, vale la pena ricordare che proprio l’impossibilità di comunicare e di condividere la propria drammatica esperienza, insieme alla difficoltà a mettere in parola il trauma subito, rappresenta il principale fattore responsabile della continuazione dell’abuso e di tutta la sofferenza che ne deriva .
3. Tematiche e contenuti del servizio di ascolto per genitori
In alcune famiglie possono a volte prevalere la rigidità dei miti familiari, la scelta di valori legati più alla cultura dell’avere che a quella dell’essere, l’insistenza sull’immagine ideale o sociale del figlio a scapito dell’attenzione ai bisogni emotivi e alle risorse del figlio, ai problemi relazionali, educativi ed affettivi che egli pone.
Sovente il problema delle regole può diventare un ostacolo nella relazione, vuoi perché le regole sono assolutizzate e irrigidite, vuoi perché vengono sottovalutate e manca una necessaria coerenza educativa: i bambini devono essere aiutati nel loro incontro con l’autorità e con la legge. Se non sono aiutati con il necessario amore e la necessaria autorevolezza, i bambini e i ragazzi rischiano di non superare l’onnipotenza infantile.
Le carenze di identità che i ragazzi evidenziano non trovano spesso nei genitori e negli educatori modelli positivi capaci di comunicazione, di negoziazione, di attrazione.
D’altra parte gli stessi genitori e gli operatori minorili , oltre ad essere trasmettitori di messaggi valutanti o svalutanti nei confronti dei minori, si trovano sempre più ad essere oggetto di valutazione sociale ed istituzionale circa le loro competenze genitoriale o educativa.
Questa situazione può insinuare negli adulti penosi sentimenti di inadeguatezza e di incapacità che possono essere di ostacolo a un approfondimento riflessivo dei propri problemi relazionali con i bambini e gli adolescenti.
Soltanto se gli adulti si coinvolgono in prima persona, percependo l’ascolto comprensivo di un adulto empatico nei confronti dei propri disagi e delle proprie esigenze, possono intuire adeguatamente le tensioni e le esigenze dei minori. Soltanto allora essi possono diventare costruttori ed operatori di una cultura dell’attenzione alle esigenze di affetto e di normatività connesse ai processi di crescita dei minori.
Ovviamente il problema del rapporto tra adulto e minore è un problema molto complesso, la cui valutazione rischia di prestarsi a pericolose semplificazioni, ad errati atteggiamenti interpretativi, a punti di vista squalificanti o fraintendenti, quando invece si rende necessaria la disponibilità attenta e paziente da parte dello psicologo all’ascolto e all’elaborazione dei messaggi provenienti dalla persona che chiede aiuto.
Pertanto la consulenza prestata dagli operatori psicologici ha alle spalle una formazione e una preparazione adeguata che permette di soffermarsi sui diversi aspetti della relazione educativa cogliendone la complessità.
L’approccio dello psicologo deve oscillare fra l’attenzione alla problematica dell’adulto e l’attenzione alla problematica corrispondente dei minori. Un tale approccio può favorire i processi d’identificazione e comprensione da parte del genitori nei confronti di una soggettività (quella del figlio) che resta per molti aspetti “altra” rispetto a quella dell’adulto, ma che proprio per questo motivo necessita di uno sforzo d’identificazione e di comprensione, indispensabile per costruire un atteggiamento di dialogo e di prevenzione.
Questa proposta, rivolta ai genitori, di responsabilizzazione sulle problematiche dell’età evolutiva, non vuole idealizzare modelli inarrivabili e perfezionistici di comportamento adulto nei confronti dei minori, né accompagnarsi a messaggi di condanna (in chiave moralistica o psicologica) o tanto meno rafforzare vissuti di colpa o di inadeguatezza.
Tale proposta al contrario deve essere piena di sollecitudine e di rispetto nei confronti delle difficoltà, delle ansie, degli “errori” dei genitori e degli educatori, piena di fiducia e di valorizzazione nei confronti delle possibilità di cambiamento, nei confronti delle risorse emotive, affettive, intellettive presenti in ogni adulto.
Le consulenze per i genitori possono riguardare le aree più varie del disagio familiare e dei figli. Nei casi riguardanti famiglie in particolare difficoltà (nuclei di genitori separati, famiglie multiproblematiche, al cui interno circola violenza psicologica o fisica) sfociare in interventi coordinati con i Servizi sociali e con la Neuropsichiatria di zona. Con questa scelta operativa si tende ad evitare interferenze e conflittualità, definendo obiettivi e modalità convergenti ed integrate.