
10 Feb PER UN’ATTENZIONE STABILE AL FENOMENO DELLA VIOLENZA SULLE DONNE di Elena Comandé
Diverse realtà del territorio torinese, tra cui la Circoscrizione 6, il Comitato Pari Opportunità Rai Torino Slc e Acmos, si sono attivate all’inizio dell’anno nell’installazione in diversi punti della città di quello che all’apparenza è un semplice oggetto di uso comune: delle panchine. Esse però risultano avere tutt’altra finalità rispetto a quelle che conosciamo: sonio state scelte in quanto simbolo di una lotta, quella contro la violenza sulle donne. Come emerge da ricerche e statistiche, il fenomeno risulta costituire un serio problema tra le famiglie italiane. Per anni questa realtà è rimasta nell’ombra, così come lo sono state le sue vittime. Oggi comincia ad emergere ma il fenomeno risulta ancora oggetto di attenzione troppo episodica. I media se ne occupano come reazione a vicende drammatiche. La violenza sulle donne e non è ancora al centro di un processo sociale di sensibilizzazione, trasformazione e cambiamento. Da anni sappiamo che non sono poche migliaia, ma milioni di donne italiane (per l’esattezza oltre 7 milioni secondo dati ISTAT del 2006) che subiscono nella vita almeno un episodio di violenza fisica e sessuale.
Proprio nell’ottica di richiamare l’attenzione di molti sul tema, si sono sviluppati diversi interventi, fra cui nel torinese le “Panchine rosse”, un’iniziativa non particolarmente pubblicizzata, ma sicuramente significativa perché tende a richiamare in modo stabilire – come è stabile una panchina – l’attenzione sociale al fenomeno. Come leggiamo in un articolo pubblicato solo qualche settimana fa da Quotidiano Piemontese, “Le ‘Panchine rosse’ simbolo delle donne vittime di violenza, diventano l’emblema universale del “posto occupato” dalla donna vittima di femminicidio, il segno tangibile di una mancanza causata dalla violenza che finisce open air, nel mondo: in un giardino, davanti ad un portone, all’interno di un campus universitario, in faccia a un museo”. Quelle panchine rappresentano il simbolo di una denuncia che molto spesso non segue la violenza, da’ voce al silenzio che regna drammaticamente sovrano in quelle storie in cui il maltrattamento e la sopraffazione diventano la forma relazionale predominante all’interno del rapporto di coppia.
Nella notte del 30 gennaio, la citta di Torino assiste a un fatto grave: il danneggiamento delle panchine situate in Piazza Bottesini. È un atto che si presenta come uno sfregio alla lotta contro la violenza sulle donne, una violenza nella violenza. Su quella panchina danneggiata possiamo ancora leggere una frase scritta in bianco sulla vernice rossa che ne colora lo schienale: “Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi, è l’indifferenza dei buoni”. La violenza, infatti, è ormai riconosciuta come presente in molti contesti familiari. I “cattivi” ci sono nella realtà quotidiana come nelle favole: individui che maltrattano la propria compagna di vita fisicamente o psicologicamente, che arrivano anche ad ucciderla in alcune tremende storie. La distruzione di uno dei simboli della lotta contro la violenza è qualcosa che va oltre il semplice atto vandalico e può essere soggetta a diverse interpretazioni. Possiamo fantasticare su quale sia la motivazione che ha portato l’autore ad agire in questo modo: la rabbia, la negazione, la provocazione… Di tangibile, qualsivoglia siano le motivazioni di base, rimane il fatto: lo sfregio al simbolo di una lotta che si è evidentemente resa importante per la comunità.
È giusto che questa notizia circoli tra i social e che i mezzi di comunicazione la portino a conoscenza di quella società che deve sapere, deve informarsi, deve poter dire. È giusto che, in ogni caso, questa lotta non finisca per tutte quelle donne che ancora soffrono nel silenzio della violenza subìta, affinché possano trovare la forza di emergere dal buio e parlare, denunciare, allontanarsi da chi le tratta come oggetto sui quali sfogare la propria rabbia. Se l’indifferenza spaventa al pari della violenza in sé, è fondamentale continuare a procedere mirando sempre all’obiettivo che le Panchine rosse rappresentano e al quale sono finalizzate: rompere il silenzio.