Processo agli adulti. Come sopravvivere alla crisi delle istituzioni minorili e far qualcosa per i bambini

Processo agli adulti. Come sopravvivere alla crisi delle istituzioni minorili e far qualcosa per i bambini

 

Processo alla famiglia, ai genitori separati, ai giudici, ai giornalisti, agli assistenti sociali, agli psicologi, agli insegnanti, agli educatori

Processo agli adulti: 21 relatori, 9 ambiti istituzionali o professionali oggetto di discussione, 600 partecipanti al seminario ed una domanda: gli adulti sono colpevoli di mancanza di rispetto verso i bambini?

L’idea del processo pone inevitabilmente la questione della colpa. La colpa, intesa come mancanza reale nei confronti dei più piccoli e nel contempo come vissuto emotivo penoso associato a tale mancanza, può avere effetti molto diversi: di negazione, di stigmatizzazione, di rifiuto mentale oppure di riflessione, di consapevolezza, di cambiamento. Intendiamo interrogarci in che misura e in che modo la colpa può trasformarsi in elaborazione mentale, in riparazione, in speranza

 

Processo alla famiglia

Andrea Coffari, avvocato, presidente Movimento per l’Infanzia

Daniele Pallone, psicoterapeuta, Centro Studi Hänsel e Gretel

Luciano Paolucci, presidente Associazione Marcia degli Angeli, Foligno

 

Processo ai genitori separati

M. Cristina Bruno Voena, avvocato, Foro di Torino

Rosy Genduso, Associazione mamme separate, Como

 

Processo ai giudici

Gabriella Cappellaro, psicoterapeuta, Associazione Fiaba, Vicenza

Piercarlo Pazé, procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino

 

Processo ai giornalisti

Giorgio Blandino, professore associato di psicologia dinamica, Facoltà di Psicologia, Università degli Studi di Torino

Milena Boccadoro, giornalista Rai

 

Processo agli assistenti sociali

Liliana Carollo, assistente sociale, Associazione Fiaba , Vicenza

Marilena Della Valle, assistente sociale, professore a contratto, Corso di Laurea in Servizio Sociale dell’Università di Torino

 

Processo agli psicologi

Daniela Diano, psicoterapeuta, presidente Cismai (Coordinamento Italiano, Servizi Maltrattamento all’Infanzia )

Paolo Barcucci, direttore Dipartimento di Patologia delle Dipendenze, Asl 8, Piemonte, Consigliere dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte

 

Processo agli insegnanti

Graziano Guerra, presidente Associazione Sos Infanzia, Vicenza

Claudio Bosetto, insegnante, presidente del Centro Studi Hänsel e Gretel

Sabrina Farci, psicologa.

 

Processo agli educatori

Nadia Bolognini, psicologa, Centro Studi Hänsel e Gretel

Luigi Sermenato, educatore professionale

 

Interventi della giuria

Graziana Calcagno, già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Torino

Frida Tonizzo, rappresentante Anfaa (Associazione nazionale famiglie affidatarie e adottive

 

Introduzione

Claudio Foti

“Nelle sue interessanti lezioni sui compiti educativi il pediatra breslavese professor Czerny rimprovera ai genitori di non saper educare i loro figli e ne riconosce la causa nel fatto che essi ricordano male o non ricordano affatto la loro infanzia. Noi siamo d’accordo con lui… l’inconscio, sottraendo alla coscienza degli adulti i ricordi della propria infanzia, lascia che questi educhino in modo sbagliato i bambini.”[1] (Sàndor Ferenczi)

Gentilissimo pubblico, egregi componenti della giuria. Sono lieto di dare inizio a questo processo agli adulti. Sono lieto ed anche un po’ in ansia perché non ho la più pallida idea di come questo dibattimento pubblico andrà a finire.

Sono in ansia inoltre perché, come tutti voi, sono un adulto anch’io e, come tutti voi sono messo in discussione da questo processo, sono chiamato in causa, metaforicamente e letteralmente.

La parola processo deriva da pro-cedere che vuol dire andare avanti, andare di fronte. Processo evoca dunque un giudizio, l’andare di fronte ad una giuria, davanti ad un giudizio… E possiamo chiederci dunque su cosa vogliamo giudicare gli adulti? Su cosa intendiamo giudicare noi stessi? Qual è l’imputazione che dobbiamo affrontare?

Vogliamo valutare la nostra indisponibilità o incapacità, in quanto adulti, a metterci realmente al servizio dei bambini, la nostra tentazione di rapportarci all’infanzia in modo strumentale ed unilaterale, la nostra tendenza a guardare alla realtà delle istituzioni minorili e dei rapporti educativi in modo autocentrato, autoreferenziale ed adultocentrico.

Il processo che si apre ruota dunque attorno all’accusa di adultocentrismo.

L’adultocentrismo è la tendenza degli adulti a privilegiare i loro interessi e i loro bisogni a scapito degli interessi e dei bisogni dei bambini e degli adolescenti.[2]

L’adultocentrismo è la tendenza della comunità adulta a dimenticare i soggetti in età evolutiva, che certamente sono tra i soggetti più fragili, più indifesi di questa comunità: i bambini possono essere facile oggetto di dimenticanza, di trascuratezza, di abbandono, di violenza. I bambini sono tra i soggetti più strumentalizzabili, in quanto risultano tra i più bisognosi. Farebbero di tutto, pur di ottenere briciole di attenzione e di affetto. Sono pronti a dimenticarsi dei propri bisogni per tener conto prioritariamente dei bisogni di coloro da cui attendono vicinanza ed accudimento. “Se il solo modo – afferma Maslow – di conservare il proprio Sé è quello di perdere agli altri, allora normalmente il bambino abbandonerà il proprio Sé”.[3]

I bambini sono tra i soggetti più indifesi perché meno capaci di negoziazione sociale e politica. I bambini non votano, non hanno sindacati, né partiti. Rispetto agli adulti hanno decisamente minore esperienza, minore capacità di parola e di contrattazione dei propri bisogni. I bambini sono tra i soggetti più deboli perché la loro stessa esistenza è massimamente vincolata e dipendente dalle scelte e dall’esistenza stessa degli adulti.

Processo evoca il giudizio. Ma processo ha anche un altro significato. Procedere significa andare avanti, allontanarsi da dove ci troviamo per andare oltre. Processo dell’esistenza umana dove tutto cambia, le cose e le persone: tutto è impermanente, niente rimane stabile e fermo. Processo insito nella vita umana che impone sempre un allontanarsi da ciò che si è, per andare oltre, per cambiare. Processo che costituisce il ciclo biologico per cui le generazioni scorrono, i piccoli possono crescere e gli adulti invecchiare. Processo in base a cui nessuno di noi è uguale a ciò che era e nessuno è identico a ciò che sarà in futuro. Noi adulti tendiamo ad essere adultocentrici innanzitutto perché il confronto con i bambini e con gli adolescenti, con quelli che vengono su e chiedono spazio è il confronto con il nostro cambiamento, con il nostro procedere nel ciclo biologico, con il nostro invecchiare, con il limite temporale della nostra esistenza.

La generazione che emerge propone una rimessa in discussione degli equilibri relazionali, emotivi, sociali stabiliti dalla generazione adulta precedente. Quest’ultima potrà reagire in modo molto differenziato: potrà dare risposte più o meno elastiche, più o meno rigide, più o meno attente. I bambini e gli adolescenti con la loro crescita impongono agli adulti l’elaborazione dell’invidia nei confronti delle risorse evolutive della nuova generazione, risorse un tempo da loro possedute ed oggi tendenzialmente perdute. La crescita dei bambini e degli adolescenti sollecita il confronto con i processi di invecchiamento, con i limiti biologici e psicologici della nostra esistenza. Si ricorre spesso allo stereotipo della crisi degli adolescenti. Tendiamo a non riflettere sulla crisi di noi adulti, che siamo sollecitati dall’adolescenza dei nostri figli a procedere nel ciclo dell’evoluzione.

Un bambino che nasce produce sempre una trasformazione, uno scombussolamento, la richiesta di un nuovo equilibrio delle relazioni familiari, di un nuovo assestamento, di una nuova distribuzione di beni e di affetti. Un bambino che cresce è un bambino che dice la sua, che chiede qualcosa, che segnala i suoi bisogni, che tende comunque a modificare un assetto costituito di relazioni. Un bambino che nasce e che cresce invita dunque ad un processo, ad un andare avanti nel cambiamento.

Ma la richiesta di cambiamento produce resistenza negli adulti. Ma tanto più è forte questa richiesta, tanto più massicce possono essere le resistenze. La rigidità degli adulti inoltre sarà maggiore, tanto più questi ultimi – come ricordava Sandor Ferenczi – si sono dimenticati di essere stati bambini e hanno perso il contatto con le radici vitali dell’infanzia.

Processo, procedere. Procedere implica il cedere, l’andare oltre, l’allontanarsi da qualcosa: allontanarsi per es. da vecchie sicurezze, dalla tendenza delle istituzioni ad autoconservarsi, allontanarsi da pregiudizi e da preconcezioni per ascoltare qualcosa di nuovo che ci proviene dai bambini.

Ascoltare peraltro presuppone sempre un allontanarsi da ciò che si sapeva o si presumeva di sapere per ascoltare qualcosa di imprevisto e di inatteso. Allontanarsi da qualcosa che è già noto, da qualcosa che è già stabilizzato ed istituito, dalla preoccupazione per noi stessi, per la autotutela di noi adulti o delle nostre istituzioni e professioni adulte per preoccuparci di più della tutela dei bambini, per dare spazio a nuovi bisogni di aiuto e di cura a nuove esigenze di più tempo, di maggiore attenzione e protezione, che ci provengono dai bambini.

Abbiamo deciso, in accordo con tutti i relatori, che in questo seminario gli interventi si svolgeranno seguendo il modello del processo penale. Ci saranno interventi dell’accusa e della difesa, Gli imputati saranno i genitori, i genitori separati, i giudici, i giornalisti, gli assistenti sociali, gli psicologi, gli insegnanti, gli educatori. Seguiranno gli interventi conclusivi della giuria.

Disponiamoci dunque ad un processo, come giudizio e messa in discussione dei nostri ruoli, delle nostre istituzioni e di noi stessi. Quanto siamo adultocentrici? Quanto siamo emotivamente analfabeti? E al di là dell’esito del processo in termini di condanna o di assoluzione, disponiamoci comunque ad un processo, inteso come procedere, andare oltre, cambiare: imparare ad ascoltare, a recepire maggiormente le comunicazioni e le istanze di cambiamento dei bambini.

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[1] S. Ferenczi, Psicoanalisi e pedagogia, in Opere, Cortina, vol. I, 1908, p.36.

[2] Sul concetto di adultocentrismo cfr. C. Foti, Per una critica dell’adultocentrismo, in Ass. Rompere il Silenzio, Adultocentrismo: il mondo dominato dagli adulti, 2 ed. SIE 2006.

[3] Cit. in I. Portnoy, Gli stati d’angoscia, in Manuale di psichiatria, a cura di S. Arieti, vol. 1, Boringhieri, p. 330.

 

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