QUANDO ANCHE LE DONNE FANNO SESSO CON I BAMBINI

QUANDO ANCHE LE DONNE FANNO SESSO CON I BAMBINI

Di Viola Salis


La pedofilia femminile è un fenomeno di cui si parla poco e la motivazione è in gran parte da ricercare in determinate credenze sociali e culturali, che tendono ad idealizzare la figura della donna, ritenuta incapace di compiere abusi di qualunque genere nei confronti dei bambini. Tuttavia i casi di pedofilia femminile, nonostante le testimonianze riportate siano poche, esistono e sono reali.

E proprio per questo motivo è importante evidenziare le somiglianze e le differenze di genere riguardanti il childmolester, affinchè si possa promuovere una maggiore informazione e consapevolezza circa l’ “esistenza anche di un femminile capace di maltrattare, offendere e abusare anche sessualmente i bambini” (Costantini e Quattrini, 2011, p. 140).

La pedofilia può rientrare tra i disturbi mentali: viene definita  “parafilia” ovvero interesse sessuale patologico verso bambini sotto i 13 anni. Nello stereotipo culturale il pedofilo è maschio. Invece anche le donne possono esserlo, con una percentuale che, attualmente, si attesterebbe tra l’8 e il 12%  ma sembra trattarsi di una percentuale probabilmente sottostimata, dal momento che le vittime di abuso femminile denunciano molto meno di coloro che hanno subito abusi da figure maschili.

Nell’immaginario comune non si pensa mai che una donna possa essere un’abusante sessuale, semplicemente perché al ruolo femminile è associata la funzione materna e dunque in quanto mamma o potenziale mamma la donna non potrebbe mai far del male a un bambino. Per questa ragione un certo numero di vittime di abuso, nel corso del tempo, modificano la loro versione sostenendo di aver subito violenze da uomini.

Spesso la baby sitter o l’insegnante pedofile si muovono secondo linee del tutto coerenti con quanto si riscontra nella pedofilia maschile: chi prova un interesse particolare per i bambini, cercherà in ogni modo di fare un lavoro in cui potrà stare a stretto contatto con loro. (Petrone & Troiano, 2005)

La criminologa Franca Cortoni, dell’Università di Montreal, sostiene che i figli abusati dalle madri, quando confessano, tendono a non essere creduti dai medici, che spesso li considerano “deliranti” e li indirizzano presso uno psichiatra. In realtà il 92% delle vittime della pedofilia femminile sono bambini con un’età inferiore ai 9 anni e con un rapporto di parentela filiale. Un terzo delle donne sembrerebbe agire da sola e tenderebbe a scegliere un maschietto come vittima, gli altri due terzi agisce insieme ad un uomo e predilige le bambine. (Campisi, 2015)

Negli ultimi anni, la pedofilia femminile si è maggiormente diffusa anche grazie al web.  Sui siti  internet  appaiono sempre più frequentemente immagini o filmati pedopornografici che vedono coinvolte donne e sopratutto mamme.

Queste donne in che modo agiscono gli abusi? Nella stessa maniera in cui agisce un uomo: penetrazione digitale o con un oggetto, e molestie imposte con la dolcezza o la violenza.

Ciò che spinge all’agito sessuale non riguarda semplicemente la ricerca di una soddisfazione sessuale.

Alcuni autori (Salerno & Giuliano, 2012), ritengono che si possa individuare una sorta di identikit riguardanti le donne sex offender. Ad esempio, emergono spesso storie di maltrattamenti risalenti all’infanzia, disturbi mentali e di personalità, abuso di sostanze stupefacenti e difficoltà nell’instaurare relazioni intime.

Nello specifico, uno studio realizzato nel 1989 da Mathews, Matthews e Speltz, ha delineato tre tipologie di donne sex offender:

  • Male-Coerced: si tratta di donne passive e dipendenti, che hanno subito a loro volta abusi sessuali e che, a causa del timore di essere abbandonate dal partner, agiscono gli abusi sessuali sui loro figli;
  • Predisposed: queste donne hanno alle spalle storie incestuose e/o di vittimizzazione sessuale, disturbi psichici, fantasie sessuali devianti, e tendono a vittimizzare i figli o altri bambini appartenenti alla loro rete famigliare;
  • Teacher/lover: in questo caso le donne hanno notevoli difficoltà nelle relazioni affettive con i partner coetanei, per cui scelgono vittime in fase pre-adolescenziale per le loro esperienze sessuali, instaurando relazioni di fiducia con loro, nelle vesti di insegnanti o tutor. Le vittime, a loro volta, sviluppano molta confusione rispetto a questi atteggiamenti di cura e protezione, e per questo motivo non ritengono dannose le pratiche sessuali subite.

Kaplan, invece, fornisce un’

Un’ulteriore classificazione delle donne pedofile è la seguente: le prey to predator e le self-made predator. Le prime sono state vittimizzate nell’infanzia, le seconde provano piacere sessuale verso i bambini. Autori come Saradjian e Hanks (1996), ritengono che la spinta all’agito sessuale  possa scaturire da un sentimento di ribellione nei riguardi del bambino che disobbedisce: l’abuso diventa così la giusta punizione per il comportamento del minore.

Di pedofilia femminile si è parlato per la prima volta negli anni ’70, in America, a proposito del turismo sessuale. Ovviamente il fenomeno aveva ed ha una sua specificità rispetto alle forme precedentemente esaminate: coinvolgerebbe donne over 45, single o divorziate, con un livello socio-culturale medio-alto che vanno alla ricerca di esperienze sessuali trasgressive e occasionali con minorenni, i cosiddetti beach boys, offrendo loro del denaro.

Le mete più gettonate sono Cuba, i Caraibi, la Giamaica, il Brasile e la Thailandia.  Le vittime sarebbero in prevalenza adolescenti disposti a prostituirsi, ma anche bambini Sono stati riportati anche casi avvenuti in paesi lontani dagli Stati Uniti e dall’Europa, caratterizzati da gesti terribili, come iniettare nei testicoli dei bambini ormoni e droghe, con l’obiettivo di provocare l’ingrossamento dell’organo sessuale per far sì che il rapporto sessuale avvenga con il pieno soddisfacimento.

Le conseguenze, per questi bambini, possono essere devastanti: oltre all’inevitabile trauma psicologico, si manifestano disturbi fisici anche permanenti, come dolori lancinanti ai testicoli, fino ad arrivare a diverse forme tumorali e alla sterilità.

In conclusione delineare un quadro completo del fenomeno della “pedofilia femminile” è  piuttosto complicato. Così come  nel caso della pedofilia maschile, anche quella di tipo femminile può nascondersi tra le mura domestiche o in ambienti che dovrebbero essere protetti per i bambini, come le scuole. Proprio come accade per i pedofili maschi, anche le donne pedofile cercano di strutturare relazioni di potere finalizzate al controllo e all’uso perverso sulla vittima. Sempre analogamente al maschio le donne che praticano la pedofilia, possono usare i soldi disposizione per comprare il silenzio dei bambini. La personalità dei bambini, così come il loro sviluppo psico-fisico, ne risulta gravemente compromesso, e spesso si manifestano nel tempo varie problematicità, come i disturbi dell’apprendimento, del sonno, comportamenti sessualizzati verso coetanei e adulti, disturbi alimentari, sviluppo di fobie, depressione, ansia, fino ad arrivare a tentativi di suicidio.

Ci sono diverse posizioni tra gli esperti: da molte impostazioni emerge un quadro che evidenzia in maniera netta come tra uomini e donne sul terreno della pedofilia non ci sarebbero differenze. Altro esperti sono meno convinti di questa identificazione.

In un seminario del Centro Studi Hansel e Gretel sono state evidenziate alcune differenze qualitative della pedofilia femminile rispetto a quella maschile, evidenziando casistiche nelle quali l’agito sessuale femminile risulterebbe fortemente imitativo e disarmonico rispetto al funzionamento psicologico della donna. D’altra parte le conseguenze traumatiche

della pedofilia femminile potrebbero essere descritte in modo differente rispetto a quelle della pedofilia maschile: in alcuni casi risulterebbero meno sconvolgenti (nelle situazioni in cui la donna è risultata non già trainante bensì al carro di un agito sessuale maschile), in altri casi le suddette conseguenze risulterebbero invece maggiormente disturbanti e destrutturanti  (per es. nell’incesto materno).

 

BIBLIOGRAFIA

Salerno Alessandra, Giuliano Sebastiana (a cura di), La violenza indicibile, L’aggressività femminile nelle relazioni interpersonali, Franco Angeli, Milano, 2012, p. 211.

Costantini, A. & Quattrini, F. (2011). Differenze di genere nel comportamento pedofilo: la pedofilia femminile, Sessuologia35, (2), p.140.

Petrone ,  L. B.,  Troiano, M. (2005).  E se l’orco fosse lei? Strumenti per l’analisi, la valutazione e la prevenzione dell’abuso al femminile. Con un nuovo Test per la diagnosi. Franco Angeli, Milano.

Campisi, R. (7 Luglio 2015). “Puericultrice criminale: la pedofilia femminile. Dalla  disuguaglianza tra i sessi ai tabù più pericolosi da smontare, il fenomeno corre sul web”,  Marie Claire.

“Pedofilia al femminile: quando il predatore di bambini è una donna.” In Il giornale locale (5 marzo 2017).