13 Mag RAPTUS E SCINTILLE di Claudio Foti
“E’ stato un raptus”, è il tentativo di autogiustificazione a cui è ricorso lo stupratore della tassista romana, violentata con determinazione e brutalità. Lo stupratore in realtà ha pianificato il suo crimine con una strategia dove l’intelligenza perversa ha indubbiamente fatto la sua parte. C’è quasi sempre – in maggiore o minore misura – una scintilla, una potenziale luce di consapevolezza, capace di autocontrollo, nella mente di qualsiasi soggetto che compie azioni malvagie o scorrette, ma questa scintilla spesso risulta troppo debole e non riesce a fermare la scelta violenta. E la chiamiamo scelta, anche se la forza degli automatismi può essere potentissima… Non sappiamo molto su quello che è successo nella mente dello stupratore della tassista romana, ma sappiamo che ha spento o messo fuori gioco la luce della consapevolezza per seguire la strada dell’impulso, per seguire (anche in senso letterale) la strada, lontana dagli sguardi, per lo stupro. Il violento spesso prepara, progetta, costruisce la strada dove l’impulso tende a trionfare, per così dire asfalta questa strada e ci mette la segnaletica. Ovviamente poi necessita di una giustificazione per rappresentare agli altri e a se stesso la propria immagine in relazione a quello che è successo.
Un genitore accusato di violenza in famiglia mi ha detto in un colloquio che proprio nel momento in cui gli usciva di bocca una frase sprezzante verso il figlio (“Sei grasso che puzzi e mi fai schifo …”) si rendeva conto che quella frase risultava infelice e contradditoria rispetto al suo desiderio di recuperare il rapporto con il bambino. Mi spiegava che si era sentito molto ferito da un comportamento del bambino e pertanto non era riuscito a fermare la propria immediata, pesante ed incisiva reazione di rabbia. Il vissuto emotivo di ferita e la conseguente aggressione verbale aveva messo fuori gioco la consapevolezza. Ma in secondo momento, nel colloquio con me, questo genitore è riuscito – benché a posteriori – ad assumere una posizione di embrionale responsabilità mentale, iniziando a ricostruire il flusso di pensieri ed emozioni che hanno fatto uscire dalla sua bocca le parole di disprezzo contro il figlio. E’ l’indicatore che mi suggerisce che questo genitore è pronto per una psicoterapia. E’ il primissimo passo per imparare a smontare l’automatismo che porta alla violenza.
L’impulso risulta spesso troppo veloce ed automatico., per essere fermato. Ci sono scintille che generano l’incendio della prateria. L’incendio della rabbia o dell’impulso sessuale non pensato e non governato. E ci sono invece scintille che possono accendere il riflettore della consapevolezza.
Il copilota dell’Airbus che volontariamente s’è andato a sfracellare con il suo aereo e con il suo prezioso carico di vite umane contro una montagna forse non era un depresso in senso clinico stretto … era portatore di istanze distruttive ed autodistruttive specifiche, molto marcate e profonde che in genere non sono presenti nelle forme depressive con queste caratteristiche … Sembra che prima di schiantarsi contro la montagna abbia fatto un ultimo disperato tentativo per correggere la rotta e per salvarsi. Ma il sequestro emozionale è risultato dominante e vincente. La scintilla di consapevolezza probabilmente s’è accesa all’ultimo anche nella sua mente, in modo troppo debole e sicuramente tardivo.
Certamente la maggior parte di noi non guida aerei, né deve fare i conti con spinte tanto patologiche, distruttive ed autodistruttive. Ma abbiamo tutti le nostre responsabilità e nel nostro cervello stressato si annidano per lo meno potenzialità violente. L’impulso non consapevolizzato provoca comunque insuccessi o fallimenti. Allenare la funzione di consapevolezza è possibile. Pensiamoci per tempo!