
04 Gen Siamo i nostri genitori? di Elena Comandè
Chi di noi non si è sentito dire, almeno una volta nella vita, la frase “Proprio come tua madre” o “Tutto suo padre!”? Fin dai primi giorni di vita dei propri bambini, i genitori iniziano, divertiti, la ricerca delle somiglianze con loro stessi. Orgogliosi di aver messo al mondo una nuova vita, frutto dell’unione di due persone differenti, cominciano a esaminare la loro creatura per capire da chi “abbia preso” il naso, il mento, la fronte…
Crescendo, il bambino avrà come figure di riferimento primarie proprio i suoi genitori. Come affermato nel Modello Ecologico di U. Bronfenbrenner, la famiglia costituisce il Microsistema, ovvero il primo ambiente in cui il bambino inizia a muoversi e a instaurare relazioni. Il piccolo inizierà, quindi, a comprendere ciò che è quel complesso mondo delle relazioni interpersonali fin dalla sua nascita e tale conoscenza avverrà principalmente sulla base dei comportamenti che mamma e papà metteranno in atto nei suoi confronti. Ogni atteggiamento del genitore nei confronti del figlio, quindi, inciderà in qualche misura sulla sua crescita. Con il passare del tempo, non saranno più soltanto le somiglianze a livello fisico quelle evidenti. I bambini inizieranno a essere paragonati ai genitori per il loro atteggiamento, il proprio carattere e le proprie passioni ed ambizioni.
Le modalità relazionali messe in atto dai nostri genitori ci formano, si potrebbe dire che ci modellano e ci spingono in una certa direzione.
Indipendentemente dalle opinioni degli altri, abbiamo mai pensato a quanto ci sentiamo simili ai nostri genitori? Abbiamo mai ragionato su quanto veramente vogliamo somigliare loro o su quanto, invece, vorremmo allontanarci da quel modello? Dal momento che abbiamo vissuto quella relazione per tutta la nostra vita o gran parte di essa, è sicuramente un esercizio difficile quella di metterla in discussione almeno in parte. Si tratta di un elemento che continuerà sempre a vivere in noi, nel bambino che siamo stati e che continuiamo a portarci dietro. La tendenza generale, quindi, è quella di riproporre i medesimi meccanismi relazionali, di punizione e di consolazione che i nostri genitori hanno agito nei nostri confronti, indipendentemente dalle emozioni che suscitarono in noi a quel tempo. Questo processo di identificazione con i propri modelli contribuisce, in un certo modo, a rassicurarci; agendo in base ad uno schema che conosciamo, infatti, abbiamo la sensazione di possedere un maggiore controllo sulla situazione che vogliamo gestire.
Questa non vuole essere una sentenza definitiva che ci condanna a riproporre obbligatoriamente alcune dinamiche, le quali magari ci hanno fatto molto soffrire durante l’infanzia. Tuttavia, si tratta sicuramente di una base che abbiamo acquisito nel tempo e che può continuare a guidarci.
L’articolo non vuole essere altro che una riflessione su un tema che a volte può sembrare scontato e banale, come quello della somiglianza con i genitori.
Come scrive Alice Miller “il modo in cui siamo stati trattati da piccoli è il modo in cui trattiamo noi stessi per il resto della nostra vita”. Ovviamente è un’affermazione che descrive una tendenza e non va presa in senso assoluto. Attraverso un lavoro di consapevolezza possiamo renderci conto dei condizionamenti che abbiamo subito ed interiorizzato e possiamo, almeno in qualche misura, emanciparci da questi condizionamenti.
A seguito di un’analisi in profondità, possiamo renderci conto del fatto che il modello genitoriale con il quale siamo cresciuti ci condiziona inevitabilmente. Da qui, credo che nasca la necessità di ragionare attentamente su chi siamo, chi siamo stati e chi saremo, soprattutto in relazione ai nostri figli. Non possiamo dimenticare, infatti, che se i nostri genitori hanno avuto una determinante influenza su di noi, allora noi l’avremo sui nostri figli.
Alla domanda presente nel titolo esiste sicuramente una risposta, ed è no. Non siamo i nostri genitori, siamo i loro figli e possiamo, in qualità di genitori noi stessi, scegliere la nostra strada, pur condizionati dalla nostra esperienza.
Elena Comandè,
5 agosto 2015.