
27 Lug SOCIAL NETWORK: TRA NARCISISMO E PERVERSIONE
Di Chiara Martorelli
Facebook, Instagram e Twitter sono solo alcuni dei social network più diffusi che ormai da diverso tempo fanno parte della vita quotidiana dei più piccoli così come dei più grandi. La loro utilità è innegabile, hanno infatti la capacità di mettere in contatto, su una piattaforma digitale, persone provenienti da tutto il mondo che con un click possono comunicare, interagire e, come ci ricorda Mazzucchelli (2014) , il tutto soddisfacendo i bisogni personali legati ai tratti della personalità di ognuno di noi: desiderio di condivisione, brama di attenzione o semplice vanità. Ma oltre ai ben noti vantaggi, il mondo “social” porta con sé anche tutta una serie di rischi, specialmente per i più giovani che, con l’immediatezza di un tocco sullo schermo, vengono catapultati in una dimensione narcisismo e perversione la fanno da padroni, spesso senza avere gli strumenti per poter riconoscere quello che accade loro.
Il profilo social rappresenta il biglietto da visita con il quale ci si presenta nella realtà virtuale, dove la logica sottostante è quella dell’apparenza, dell’enfatizzazione dell’immagine ad ogni costo , della ricerca dei quanti più numerosi possibile “mi piace”. L’identità virtuale, viene definita da Pisano (2016) come “ il sistema complesso di immagini, video, informazioni scritte che l’internauta ha pubblicato in un social network per rappresentarsi come individuo digitale unico e inconfondibile”. Tutto ciò che riguarda la propria immagine può essere controllato e modificato come più si desidera, i difetti possono essere ritoccati per apparire nel migliore dei modi e ricevere così il massimo possibile di approvazioni, visibilità, seguito e perciò valore. Diversi giovani emeno giovani non si sentono a proprio agio se non ricevono un determinato numero di likes sotto la propria fotografia, e li si può notare mentre camminano per strada e, con fare quasi ossessivo compulsivo, rivolgono continuamente lo sguardo allo smartphone per verificare la presenza di nuove notifiche. È proprio in questo mondo che si alimenta il nuovo narcisismo in rete.
“Si potrebbe teorizzare che la società attuale, la società degli individui che si conformano tutti in egual misura a una regola sociale mediatica condivisa, che si fa massa omogenea, compatta e sente in egual misura il bisogno di apparire per essere, si sia ammalata di Narcisismo, ma una forma particolare di narcisismo che mescola l’esibizionismo e il voyeurismo, il bisogno di aumentare la propria visibilità, di elevare se stessi da una propria condizione pensata come insufficiente.”(Di Gregorio, 2017)
Sempre più persone, appartenenti alle più disparate fasce d’età, sentono la necessità di mostrare ogni parte della propria vita, dal luogo in cui si va a cena fino ai più intimi aspetti di una relazione d’amore. Ciò che non viene pubblicato è come se non esistesse, come se il piacere non scaturisse dall’azione bensì dall’esibizione della stessa. Con questo non ci si vuol riferire al sano bisogno di essere riconosciuto o alla voglia, altrettanto sana, di rendere partecipi gli altri di un qualcosa che ci riguarda, ma dell’estrema ricerca di quel successo social senza il quale ci si sente dei veri falliti. Questa esasperato anelito ai riscontri d’immagine è come se ponesse sotto sequestro la mente delle persone, la cui lucidità, in molte circostanze, è stata offuscata di fronte al fascino del social nella propria intelligenza emotiva, cioè nella capacità di riconoscere emozioni fondamentali come ad esempio la paura di fronte ai pericoli. Sono diversi i casi in cui giovani e non, hanno messo a repentaglio la propria sicurezza o quella degli altri per uno scatto da postare. Tra i più recenti il caso dell’influencer e modella di Miami, Katarina Zarutskie, che ha infatti deciso di fare un tuffo tra gli squali per farsi scattare una foto, atto che le è quasi costato la perdita di parte dell’arto per via del morso di uno di questi pesci voraci.
All’esigenza narcisistica di acquisire visibilità si affianca poi il desiderio e talvolta il bisogno, di avere una finestra sugli altri, di acquisire un potere su di essi, ad esempio poter commentare o dare un giudizio su ciò che l’altro posta, senza interfacciarsi con l’individuo e le sue emozioni. Il passaggio alla perversione è breve, dove per perversione si intende proprio la tendenza a pervertire, sconvolgere, rovesciare, utilizzare l’altro per i propri scopi, oggettivarlo, manipolarlo per ottenere ciò che si desidera, in questo caso consenso e visibilità.
Spesso molti adolescenti presentano la propria immagine, fortemente connotata sessualmente, con il desiderio di presentare un’idea di sé straordinariamente attraente, ignari dell’uso che potrà esserne fatto. Non serve essere dei criminali per provare piacere nel guardare un corpo nudo, magari di una giovane ragazza e cliccare nel tasto condividi. Talvolta si dimentica che ad essere oggettivata non è solo la fotografia, ma la stessa persona che la fotografia rappresenta. Il contesto virtuale, se mal vissuto, può avere il potere di offuscare le emozioni, reprimere gli obblighi etici, consentire una dispersione di responsabilità. Davanti all’individuo non c’è una persona, ma uno schermo, e questo consente di porsi nei confronti degli altri senza quei freni inibitori e la comprensione empatica che più facilmente si attivano in un comune dialogo faccia a faccia.
Per i giovanissimi e gli adolescenti che per definizione si trovano in un periodo vulnerabile, di fortissimi cambiamenti, di ricerche di senso e di costruzione della propria identità, essere esposti ai social network senza una solida guida alla quale fare riferimento equivale a navigare in mare aperto, in balia delle onde della perversione e del narcisismo.
Il problema sostanziale è che non solo spesso manca una guida per i più giovani, ma manca anche consapevolezza agli adulti, anch’essi schiavi del narcisismo social, della popolarità e totalmente impreparati ad affrontare i pericoli del web. Senza dubbio un maggiore comprensione dell’importanza della rete da parte dei genitori ed una maggiore educazione all’ascolto di ciò che questo mondo virtuale rappresenta per i più piccoli, potrebbe essere l’inizio di un percorso che mira ad un utilizzo consapevole di strumenti, come i social network, molto stimolanti ma anche straordinariamente rischiosi specialmente, per coloro la cui personalità si sta ancora definendo.
Fonti:
- Mazzucchelli C., (2014) , La solitudine del social networker. Delos digital editore.
- Pisano L., (2016), L’ identità virtuale. Teoria e tecnica dell’indagine psicopedagogica online. Milano: Franco Angeli
- Di Gregorio L., (2017) , La società dei selfie. Narcisismo e sentimento di sé nell’epoca dello smartphone. Milano: Franco Angeli.
- https://video.repubblica.it/socialnews/bahamas-l-incoscienza-della-modella-per-lo-scatto-perfetto-viene-morsa-da-uno-squalo/310227/310864