
18 Gen STALKING E STALKER
Il fenomeno della violenza contro le donne è da qualche anno oggetto di una particolare attenzione istituzionale, culturale e legislativa. L’indagine ISTAT (2007), che stimava in 6 milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita, ha prodotto interventi, reti ed osservatori di portata nazionale che hanno consentito di fotografarne ulteriormente la diffusione e le specificità. L’entrata in vigore della legge sullo stalking, ad esempio, porta alla luce quotidianamente centinaia di richieste di aiuto da parte delle vittime, restituendo il carattere di urgenza della tematica, certamente avvertito dagli operatori che continuamente vi si confrontano. Lo stalking si configura con una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un’altra persona, spesso di sesso opposto, perseguitandola ed ingenerando stati di ansia e paura, che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità.
L’indagine ISTAT sottolineava come nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate: il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96% delle violenze da un non partner e il 93% di quelle da partner.
La violenza alle donne rinvia al fenomeno della violenza domestica, cioè della violenza che attraversa l’istituzione familiare, un istituzione che dovrebbe svolgere la funzione di accudire e proteggere i suoi membri dal disagio materiale e dalla sofferenza mentale, ma che in realtà molto spesso – più di quanto non ci piacerebbe – ha nascosto e nasconde spirali di aggressione e di trumentalizzazione ai danni dei suoi componenti più deboli: le donne e i bambini.
Si stima che i minori testimoni di violenza domestica e più in generale della violenza nei confronti delle donne siano moltissimi. Sulla base di una analisi condotta da Telefono Rosa, nel 2012 la percentuale di figli che hanno assistito, talvolta ripetutamente, alla violenza perpetrata nei confronti della madre ha raggiunto la drammatica quota dell’82% .
Le donne, sia che siano state oggetto in prima persona di violenza fisica e psicologica da parte dei loro partner, sia che abbiano dovuto fare i conti con la violenza subita dai loro bambini, sperimentano un impatto traumatico con gli effetti di tale violenza, effetti spesso amplificati dal fatto di subire, per un tempo prolungato, più forme di violenza.
Il fenomeno dello stalking è di recente emersione sul piano sociale, culturale e giuridico da una notte di oscurantismo, nella quale il controllo e l’appropriazione dell’uomo sulla donna tendeva e tende ad essere giustificato. Tanto più il fenomeno diventa oggetto di consapevolezza sociale e di consapevolezza psicologica da parte della vittima tanto più può essere contrastato.
Nell’impatto con il contesto istituzionale e con il contesto giudiziario può ampliarsi a dismisura il malessere delle donne vittima di violenza domestica o di stalking. Spesso oggetto di interpretazioni stigmatizzanti vecchie e nuove, queste donne si confrontano con vissuti di impotenza e disorientamento, con ripetuti atteggiamenti di incomprensione e di indifferenza, con varie risposte che negano la specificità della condizione di debolezza dei loro bisogni e dei loro diritti. In specifico le donne vittime di stalking vanno aiutate a non sottovalutare il comportamento pressante ed invasivo degli uomini e a rompere l’angosciante isolamento in cui spesso si trovano.
Le donne vittima di violenza domestica o di stalking vanno aiutate a non perdere di vista i bisogni dei loro figli, prese dalle preoccupazioni e dalla sofferenza, derivanti dalle problematiche indotte dai loro partner, dalla dipendenza affettiva e, spesso, economica nella quale rischiano di sprofondare e dalle ferite e dai deficit della propria storia infantile ed adolescenziale, che riemergono nella loro situazione di vita attuale.
Il lavoro con gli uomini violenti ed in specifico con gli stalker ha senso all’interno di una progettualità coordinata e finalizzata alla protezione delle donne e dei bambini (che rischiano di diventare i soggetti maggiormente dimenticati e sacrificati alle logiche adulte). Ovviamente non si deve dimenticare che gli stalker stessi hanno una vicenda personale, dove possono facilmente emergere situazioni di vittimizzazione, di umiliazione e di abbandono patite.
L’intervento con gli stalker necessita di specifiche conoscenze sulla complessità della perversione mentale, come atteggiamento di dominio e di controllo sulla donna, camuffato da amore e attaccamento affettivo, richiede un particolare impegno nell’analisi delle reazioni emotive di tipo “controtranferale” degli operatori nei confronti della persona dello stalker, ed uno sforzo di dialogo e di integrazione con gli altri operatori che intervengono nella rete.
Occorre principalmente evitare il rischio di farsi condizionare e portare a spasso dalle parti di indubbia sofferenza e bisognosità sottesi ai comportamenti dello stalking, dimenticando la capacità di manipolazione degli autori della violenza sulle donne. Nel contempo deve essere superato un atteggiamento di condanna aprioristica chiuso al confronto sui fatti e sui comportamenti, un atteggiamento che si precluderebbe di esplorare le possibilità di cambiamento.
Nella misura in cui gli psicologi, gli assistenti sociali, gli educatori, i medici che si occupano di violenza sulle donne e di stalking diventano consapevoli e superano l’impotenza che le vittime proiettano su di loro, si può aprire la prospettiva gratificante di poter rompere questo ciclo terrificante di violenza familiare, consentendo alle vittime, e talvolta agli aggressori, di trovare una vita più sicura, libera dal terrore e dal dolore.