Una poesia su uno psicodramma

Una poesia su uno psicodramma

Mi scrive Maddalena una poesia che riproduce un caleidoscopio di vissuti e di esperienze traumatiche affrontate in un gruppo di psicodramma.  Non avevo mai letto, come questa,   una poesia che capace di  testimoniare, evocare  e riflettere su un incontro di psicodramma. Maddalena racconta come è arrivata a scrivere la poesia e l’ispirazione che le è venuta cogliendo un sorriso di una bimba. Scrive : “Dopo due soli incontri posso dire che lo psicodramma ha fatto centro: è davvero  successo qualcosa dentro di me. Qualcosa o qualcuno, ha agito nella mia anima.  Lo stimolo mi è venuto dallo sguardo di  una bambina che forse mi ha ricordato la mia infanzia.   È bastato lo sguardo di una bambina che ha assaggiato troppo presto l’amaro gusto della vita. Fin dalla prima volta che l’ho conosciuta, i suoi occhi mi parlavano e mi mandavano messaggi segreti sulla sua prematura saggezza.  Finché l’intimo silenzio si è trasformato in parola: “è triste il mio sorriso”. Questa frase,  pronunciata dalla piccola Chiara, si è scaraventata su di me come un lampo su un albero lasciandomi letteralmente elettrizzata.

Proprio grazie a Chiara si sono riversate su di me, una dopo l’altra,  tutte le frasi pronunciate dalle persone coinvolte nello psicodramma.  Per un attimo mi sono immersa nella consapevolezza di cosa significhi sopravvivere in una tragedia. Quando sono riemersa, bagnata dalla testa ai piedi, ho fatto cadere su un foglio le gocce della mia esperienza ed è nata questa poesia.
Questa poesia è una riflessione sui terribili drammi che può riservarci la vita, ma anche un tentativo di far nascere un senso di indignazione e di riscatto. È la dimostrazione che il dolore, per quanto sia terribile, devastante, può essere benefico se guardato in faccia e accolto… Del resto, come dice Nietzsche, bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante. È per questo motivo che dedico la poesia al gruppo di psicodramma e soprattutto alla piccola Chiara.”

È triste il mio sorriso

Voglio venire anch’io, ma tua mamma non vuole farmi venire.
Tua mamma è cattiva, è una stronza.
Ho bisogno di un bacio da tre persone.
Guarda quella stronza, lo fa apposta.
Vedi quanto soffriamo.
Vivo in una macelleria, in cui non ci sono emozioni.
Mia mamma mi ha rovinata, mi ha distrutta.
A quell’età ero sola, senza mamma e con padre alcolizzato.
È facile fare i fighi con le ragazzine.
Anche suo papà la picchiava se lei si ribellava all’abuso.
Questa mattina ho guardato il mio corpo ed ero soddisfatta,
il pomeriggio l’ho di nuovo guardato e non mi piacevo più.
Mi sento una bambina, sono una bambina, anche se
sono madre di due figli e moglie.
Tu fai del male alle persone, fai solo del male.
Forse sei nata per fare del male.
All’inizio mi piacevano le attenzioni del mio insegnante,
attenzioni che poi si sono trasformate in qualcos’altro.
C’è una frase che mi ha fatta stare male, una frase
che mi dicono ancora. Adesso ha un altro effetto,
ma tempo fa mi faceva soffrire.
Riesco a pensarla, ma non riesco a dirla:
ti voglio bene.
Sapete qual è la fatina che sempre ci resta vicino?
Ha in viso un sorriso giocondo e nel cuore le brucia
una fiamma. Ha il nome più bello del mondo.
È facile dirlo: è la mamma!
Mi sono resa conto che non esistono solo bravi genitori,
ma che esistono anche genitori cattivi. Esistono
genitori che non vogliono bene ai propri figli.
Esistono dei bruti che vengono definiti genitori.
Sei malata, hai dei problemi dentro di te,
ma sono problemi tuoi. Se avessi preso la pastiglia non
saresti a letto. Saresti felice.
Sto vivendo una grande tragedia.
Mamma, mamma; no, no, no…
Sto accettando il fatto che mio padre si sia impiccato
poco tempo fa, ma credo che sarebbe stato meglio
se l’avesse fatto prima.
Parli più con la testa che con la pancia.
Ti farei stare volentieri qui, ma ho paura che possa
farti del male.
La vita è una malattia mortale.
Mi sento fuori dal mondo. Sono staccato dalla realtà.
Gli adulti sono ignoranti. Non capiscono niente.
E Lui perché ti ha picchiata?
Come va con Lei?
Ho paura che Lui possa abusare di mia figlia
quando non ci sono.
Ho in mente l’immagine di un coltello.
Mi hanno portato a fare del male ad un ragazzino.
Mi ricordo di quando entravano nel collegio e
portavano in quella stanza una bambina alla volta.
Mi fai schifo.
Intanto il sangue non è come l’aria.
Lei è bulgara, è una zingara e gli zingari
vogliono essere liberi..
Mi chiedo che cosa possa succedere quando
abbia delle crisi così forti e sia a casa da sola.
Il suo respiro mi ha ricordato il sospiro dello stupro.
Ho contato le foglie di quel tappeto.
Voglio mia mamma.
Ascoltavo ciò che lei diceva e pensavo:
perché non sono stata così male anch’io?
Mamma, mamma; no, no, no…
A volte la disperazione ti fa scoprire risorse
che credevi non avere.
A volte la vita fa proprio schifo.
Forse quando non ci sono abusa anche di mia figlia,
ma non riesco a lasciarlo. La sua presenza
mi tranquillizza. Sapere che ogni sera dalla
porta entra qualcuno mi fa stare meglio.
Non mi sento sola.
Non so abbracciare.
Ho avuto dei rapporti orali con mio fratello e mia mamma
faceva finta di non sapere niente.
Devi imparare ad accettare e a prenderti cura
della piccola bambina spaventata che c’è in te.
Coccolami, ti pago pur di avere delle coccole da te.
Ti pago.
È triste il mio sorriso.