BAMBOLEGGIARE E RACCONTARE BUGIE

BAMBOLEGGIARE E RACCONTARE BUGIE

Al Pronto Soccorso  con mia figlia che si è messa un piedino in mezzo ai raggi.  Tutto bene, se la cava con una lastra e con la medicazione. C’è pure tempo per riflettere oltre che per preoccuparsi.  Provo ad informare mia figlia, che ha quasi cinque anni,  con tenerezza e vicinanza emotiva e con un linguaggio che sia alla sua portata su cosa succederà. Le parlo dell’incertezza che bisognerà affrontare, di cosa è un gesso e di cosa è una lastra.

Il mio sembra un atteggiamento marziano. Una signora mi guarda perplessa. Ed interviene  quasi a correggermi : “ Ma no … non devi preoccuparti … ti faranno la più bella fotografia che non hai mai visto  … una cosa meravigliosa  … e poi subito dopo un bel gelato … ”

Osservo due atteggiamenti verso la bimba  tra gli adulti che incontriamo mentre si attende, più tra i pazienti, in questo caso, che non tra i sanitari. Il primo è il bamboleggiare, il secondo è il raccontare fandonie.  Sono gli atteggiamenti più diffusi nei confronti dei bambini. Bamboleggiare significa usare un linguaggio tenero ma anche sdolcinato che non tiene conto né della capacità, né delle competenze linguistiche e neppure delle emozioni reali che sta vivendo il bambino.  Raccontare bugie a fini consolatori significa espropriare il bambino delle informazioni realistiche di cui ha bisogno per comprendere quello che sta succedendo  Il bambino magari è spaventato e gli si dice: “Che bel bimbo … ma come sei bravo!”  oppure “ Non devi  preoccuparti, non è niente … domani tornerai a correre …”, quando si sa benissimo che nel migliore dei casi quel bimbo dovrà stare fermo per qualche giorno. Prima o poi il bambino dovrà confrontarsi con la realtà senza essere preparato e dunque con maggiore sofferenza rispetto a quella che dovrebbe affrontare con conoscenze più precise.  E oltretutto e l’inconveniente del raccontare bugie da parte degli adulti gli farà perdere fiducia nelle comunicazioni degli adulti.