FAMIGLIE RESILIENTI: RESISTERE ALLE AVVERSITA’ E AI RISCHI DI ROTTURA di Elena Comandé

FAMIGLIE RESILIENTI: RESISTERE ALLE AVVERSITA’ E AI RISCHI DI ROTTURA di Elena Comandé

“Storicamente, le famiglie ad alto rischio sono state definite nei termini dei loro deficit. L’etichetta “famiglia gravemente disfunzionale” rinforzava l’idea che una condizione di multiproblematicità fosse propria di una tipologia familiare intrinsecamente patologica, già bollata come un caso disperato e intrattabile.” (F. Walsh, 2008, p. 318)

Spesso le famiglie sono un coacervo di problemi e di resistenze al cambiamento. Ma l’atteggiamento del terapeuta è fondamentale per individuare le risorse e le capacità di resilienza.

Il termine resilienza deriva dalla fisica. Se cerchiamo la sua definizione sul vocabolario Treccani, troveremo: “Nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto […] il cui inverso è l’indice di fragilità”, e ancora “Nella tecnologia dei filati e dei tessuti, l’attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l’aspetto originale”. Il tema è stato ripreso in psicologia, con uno spostamento di significati dall’ambito delle forze fisiche che agiscono sugli oggetti agli eventi di vita che influenzano gli esseri umani. Infatti anche le situazioni stressanti e problematiche possono agire sulle persone come vere e proprie forze in grado di creare un certo grado di destabilizzazione e di disarmonia all’interno dell’individuo che subisce un impatto con queste forze. Quindi, il concetto di resilienza presuppone l’azione e la pressione che una forza agisce su un determinato oggetto deformandolo, facendogli assumere una conformazione diversa da quella che possedeva prima di esservi sottoposto. Ma il concetto di resilienza rinvia anche alla capacità di tenuta, di flessibilità e di resistenza alla forza d’urto delle avversità.

Dunque la portata del cambiamento è determinata sicuramente dall’importanza che l’evento stesso riveste nella vita dell’individuo, ma anche dalla capacità del soggetto di far fronte alla destabilizzazione con cui si trova a convivere.

Come sappiamo, persone diverse possono reagire in maniere diverse al medesimo evento. Da che cosa dipende questa reazione? I fattori da considerare sono sicuramente molti. Ognuno, nel corso della propria vita, svilupperà una modalità personale di risposta alle situazioni destabilizzanti che si presentano sul suo percorso. Alcuni attiveranno uno sforzo di riadattamento più consistente e faticoso, altri riusciranno con più facilità a superare un periodo di crisi. Altri infine potranno anche regredire e non riuscire più a riprendersi.

La destabilizzazione può avere forme diverse, poiché molteplici sono gli eventi che possono presentarsi nell’arco di vita delle persone e delle famiglie. Questi possono configurare una situazione traumatica (un lutto, una grave malattia di un familiare o di sé stessi, un abuso) oppure microtraumi continuativi che si ripetono per lunghi periodi (ne sono un esempio i cosiddetti traumi di attaccamento, che vengono subiti da un bambino che sperimenta per molti anni un rapporto non sano con la figura che dovrebbe accudirlo) oppure ancora esperienze che non raggiungono un livello traumatico, ma risultano comunque assai sfavorevoli. Per fare alcuni esempi, può risultare destabilizzante per un individuo o per una famiglia il trasferimento in un posto lontano da casa, il quale implica la capacità di adattarsi ad una nuova situazione ricominciando da capo in tanti ambiti di vita; l’allontanamento dal nucleo familiare di un figlio che si rende indipendente; un licenziamento improvviso che crea tensione e panico per i rischi al sostentamento familiare.

Si tratta in tutti i casi di situazioni in cui l’individuo e il gruppo familiare devono trovare una strategia per riformulare le proprie abitudini di vita o fronteggiare un periodo difficile. Si tratta di eventi che inevitabilmente mettono in crisi l’equilibrio del nucleo familiare. Non è scontato che la famiglia abbia i mezzi sufficienti per affrontare tutte le situazioni più incerte e difficili. Talvolta può risultare necessario che il nucleo si rivolga ad uno specialista con il quale intraprendere un percorso all’interno del quale esporre le criticità e affrontarle in modo costruttivo riattivando le risorse e potenziando la propria capacità di resilienza.

Tuttavia, la famiglia può manifestare delle resistenze che possono impedirle di rivolgersi a un terapeuta. Talvolta le difficoltà possono sollecitare nei soggetti un vissuto di fallimento, portandoli a ragionare sul fatto che il progetto di vita che avevano in mente avrebbe dovuto svolgersi in maniera differente e più distesa. Inoltre, quando si riscontra fatica nel superamento dei momenti critici, non è insolito che la persona si senta abbattuta e sconfitta, e che talvolta si vergogni di non riuscire a procedere con il passo e la tenacia che si sarebbe aspettata da se stessa.

Non è semplice accettare che nella vita non sempre sia possibile riuscire a reagire alle difficoltà come vorremmo o come ci aspetteremmo da noi stessi. A volte la forza dell’individuo e della sua famiglia viene messa a dura prova da eventi stressanti e difficili da fronteggiare, ma ciò non significa che quel gruppo di persone sia “sbagliato”; talvolta è necessario aprirsi, lasciarsi affiancare da qualcuno che ci aiuti a potenziare le nostre risorse. Ognuno ha i propri punti di debolezza ma anche di forza; è importante che questi ultimi siano sollecitati rafforzando la capacità di resilienza.

Riconoscere una difficoltà ed una debolezza, quando esse esistono, può attivare risposte di sopravvivenza utili a sé stessi e alla famiglia di cui si fa parte. Talvolta il coraggio di chiedere aiuto è una fondamentale manifestazione di resilienza.